Pianificazione
Rassegna di giurisprudenza in merito al territorio

Le scelte del pianificatore
Piani territoriali. Scelte ampiamente discrezionali. La giurisprudenza amministrativa è costante nell’affermare che l’ente, nell’esercizio della potestà di pianificazione generale del territorio, gode di ampia discrezionalità nelle sue scelte in ordine alla destinazione dei suoli, con possibilità di sindacato «solo per errori di fatto, per abnormità e irrazionalità» delle scelte effettuate (Consiglio di Stato, 19 febbraio 2019, n. 1151)
Motivazione
La destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano. I limiti della tutela dell'affidamento. La relazione tra l’esercizio dei poteri pianificatori paesaggistici ed ambientali, da un lato, nonché la tutela delle aspettative edificatorie, dall’altro, è orientata dalle seguenti direttrici: -le scelte di pianificazione sono espressione di un’amplissima valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità; - anche la destinazione data alle singole aree non necessita di apposita motivazione (c.d. polverizzazione della motivazione), oltre quella che si può evincere dai criteri generali, di ordine tecnico discrezionale, seguiti nell'impostazione del piano stesso, essendo sufficiente l'espresso riferimento alla relazione di accompagnamento al progetto di modificazione allo strumento urbanistico generale, a meno che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni; - con riferimento all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, la tutela dell’affidamento è riservata ai seguenti casi eccezionali: a) superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona; b) pregresse convenzioni edificatorie già stipulate; c) giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare; d) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo; - una posizione di vantaggio (derivante da una convenzione urbanistica o da un giudicato) può essere riconosciuta (e quindi essere oggetto della tutela da parte del giudice amministrativo) soltanto quando abbia ad oggetto interessi oppositivi e non invece quando si tratti di interessi pretensivi, come è nel caso in esame in cui si tratta dell’esercizio dello ius variandi su istanza del privato(Cons. Stato, sez. IV, 2 gennaio 2023, n. 21 – Precedenti conformi: Cons. Stato, sez. IV, 3 luglio 2018, n. 4071; idem, 6 ottobre 2017, n. 4660; idem, 18 agosto 2017, n. 4037; Ad. plen. n. 24 del 1999)
La motivazione rinforzata nei casi di affidamento qualificato. La motivazione “rinforzata” è richiesta soltanto quando ricorrono le seguenti evenienze: i) affidamento qualificato del privato, derivante, da un lato, da convenzioni di lottizzazione ovvero da accordi di diritto privato intercorsi fra il Comune e i proprietari delle aree, dall’altro, da aspettative nascenti da giudicati di annullamento di titoli edilizi o di silenzio rifiuto su una domanda di rilascio di un titolo; ii) modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo; iii) sovradimensionamento delle aree destinate a standards per attrezzature pubbliche e di interesse pubblico rispetto ai parametri stabiliti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968 (Cons. Stato, sez. IV, 13 aprile 2021, n. 2999; 18 agosto 2017, n. 4037; 18 novembre 2013, n. 5453) (Consiglio di Stato, 10 febbraio 2022, n. 963)
Disparità di trattamento nella pianificazione
Dimostrazione rigorosa della disparità di trattamento. Peraltro la valutazione dell'idoneità delle aree a soddisfare specifici interessi urbanistici rientra nei limiti dell'esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione, rispetto al quale, a meno che non siano riscontrabili errori di fatto o abnormi illogicità, non è neppure configurabile il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento basata sulla comparazione con la destinazione impressa agli immobili adiacenti. Quanto all’asserita disparità di trattamento con aree contermini, è sufficiente evidenziare che nella fattispecie non è stato soddisfatto l’onere di allegazione (tantomeno quello della prova) dell’identità oggettiva della situazione delle aree vicine rispetto a quella presa in considerazione. Peraltro, indipendentemente dalla classificazione e delimitazione delle aree in questione, è consolidato il principio per cui, in sede di formazione dei piani urbanistici, la valutazione dell'idoneità delle aree a soddisfare specifici interessi urbanistici rientra nei limiti dell'esercizio del potere discrezionale dell'amministrazione, rispetto al quale, a meno che non siano riscontrabili errori di fatto o abnormi illogicità, non è neppure configurabile il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento basata sulla comparazione con la destinazione impressa agli immobili adiacenti (Consiglio di Stato, 5 giugno 2019, n. 3806). Vale la costante giurisprudenza del Consiglio di Stato secondo cui l'eccesso di potere per disparità di trattamento si può configurare solo sul presupposto, di cui l’interessato deve dare prova rigorosa, dell’identità assoluta in fatto della situazione considerata (Cons. Stato, sez. III, 2 novembre 2019, n. 7478; sez. IV, 27 luglio 2018, n. 4611; sez. VI, 30 ottobre 2017, n. 5016; sez. VI, 18 ottobre 2017, n. 4824). In particolare, secondo un consolidato orientamento, in sede di formazione del piano regolatore e delle sue varianti la valutazione dell’idoneità delle aree a soddisfare specifici interessi urbanistici rientra nei limiti dell’esercizio del potere discrezionale dall’Amministrazione, rispetto al quale, a meno che non siano riscontrabili errori di fatto o abnormi illogicità, non è neppure configurabile il vizio di eccesso di potere per disparità di trattamento basata sulla comparazione con la destinazione impressa agli immobili adiacenti (Cons. Stato, sez. II, 5 giugno 2019, n. 3806; sez. IV, 6 agosto 2013, n. 4150) (TAR Lombardia, 25 novembre 2020, n. 2306)
Osservazioni
Piano regolatore. Osservazioni del privato. Motivazione. Le osservazioni e le opposizioni presentate dai privati al piano regolatore generale in itinere, in quanto costituiscono un mero apporto dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, non richiedono, da parte dell'amministrazione competente, l’assolvimento di un obbligo puntuale di motivazione. La loro congruità ben può essere desunta anche dai criteri orientativi, formalizzati nella relazione illustrativa del piano, in riferimento alle scelte di destinazione urbanistica delle singole aree. Questo si giustifica per i seguenti due ordini di ragioni. Anzitutto, le scelte di pianificazione sono, in linea di principio, espressione di valutazione discrezionale, insindacabile nel merito, salvo che non siano inficiate da errori di fatto o da abnormi illogicità. La tutela dell’affidamento, in relazione all’esercizio dei poteri pianificatori urbanistici, va, poi, circoscritta soltanto alla ricorrenza dei seguenti casi eccezionali: superamento degli standard minimi di cui al d.m. 2 aprile 1968, con l’avvertenza che la motivazione ulteriore va riferita esclusivamente alle previsioni urbanistiche complessive di sovradimensionamento, indipendentemente dal riferimento alla destinazione di zona; pregresse convenzioni edificatorie già stipulate; giudicati (di annullamento di dinieghi edilizi o di silenzio rifiuto su domande di rilascio di titoli edilizi), recanti il riconoscimento del diritto di edificare; modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (Cons. Stato, sez. IV, 7 febbraio 2023, n. 1316)
Piano regolatore. Rigetto delle osservazioni. Analitica confutazione. Esclusione. Le osservazioni presentate in occasione dell'adozione di un nuovo strumento di pianificazione del territorio costituiscono un mero apporto collaborativo dei privati nel procedimento di formazione dello strumento medesimo, con conseguente assenza in capo all'amministrazione a ciò competente di un obbligo puntuale di motivazione, oltre a quella evincibile dai criteri desunti dalla relazione illustrativa del piano stesso in ordine alle proprie scelte discrezionali assunte per la destinazione delle singole aree. Pertanto, seppure l'amministrazione sia tenuta ad esaminare le osservazioni pervenute, non può però essa essere obbligata ad una analitica confutazione di ciascuna di esse (Cons. Stato, sez. IV, 2 gennaio 2023, n. 21. Precedenti conformi: Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2021 n. 2422 e 30 gennaio 2020, n. 751; Cons. Stato, sez. IV, 21 aprile 2022 n. 3018.
Modifiche peggiorative del Piano adottato
Sono possibili modifiche peggiorative dell'interesse (di mero fatto) del privato, salvo si sia in presenza di un affidamento qualificato. Nel qual caso la scelta dovrà essere soretta da una motivazione rafforzata. In ordine, poi, al deteriore trattamento rispetto al Piano adottato, nel caso di specie pare applicabile, a fortiori, l’orientamento della costante giurisprudenza secondo la quale, in materia urbanistica, non opera il principio del divieto di reformatio in peius, in quanto in tale materia l’Amministrazione gode di un’ampia discrezionalità nell’effettuazione delle proprie scelte, che relega l’interesse dei privati alla conferma (o al miglioramento) della previgente disciplina ad interesse di mero fatto, non tutelabile in sede giurisdizionale (Consiglio di Stato, IV, 24 marzo 2017, n. 1326; T.A.R. Lombardia, Milano, II, 7 luglio 2020, n. 1291; 14 febbraio 2020, n. 309; II, 17 aprile 2019, n. 868; 27 febbraio 2018, n. 566; 15 dicembre 2017, n. 2393) (TAR Lombardia, Milano, 14 dicembre 2020, n. 2492). Le scelte urbanistiche costituiscono valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo che risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate” e che “la semplice reformatio in peius della disciplina urbanistica attraverso il ridimensionamento dell'attitudine edificatoria di un'area è interdetta solo da determinazioni vincolanti per l'amministrazione in ordine ad una diversa ‘zonizzazione’ dell'area stessa, ovvero tali da fondare legittime aspettative potendosi configurare un affidamento qualificato del privato esclusivamente in presenza di convenzioni di lottizzazione, accordi di diritto privato intercorsi tra il Comune e i proprietari delle aree, aspettative nascenti da giudicati di annullamento di dinieghi di concessione edilizia o di silenzio - rifiuto su una domanda di concessione o ancora nella modificazione in zona agricola della destinazione di un'area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (Consiglio di Stato, 9 maggio 2018, n. 2780; cfr anche TAR Lombardia, Milano, 9 marzo 2021, n. 618).
Ripubblicazione del Piano
Approvazione definitiva con modifiche. Ripubblicazione solo ove vi sia stata una rielaborazione complessiva del piano stesso e cioè un mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla sua impostazione. Le previsioni del piano urbanistico comunale (o di altro strumento urbanistico) possono subire, in sede di approvazione definitiva, delle modifiche rispetto a quelle contenute nel piano (o nello strumento) adottato; ciò rappresenta un effetto del tutto connaturale al procedimento di formazione del suddetto strumento urbanistico, che, per l’appunto, contempla, all’atto dell’approvazione definitiva, la possibilità di cambiamenti in conseguenza dell’accoglimento delle osservazioni pervenute. L’eventuale necessità di ripubblicazione sorge allorché, a seguito dell’accoglimento delle osservazioni presentate dopo l’adozione, vi sia stata una rielaborazione complessiva del piano stesso, e cioè un mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che presiedono alla sua impostazione; mentre tale obbligo non sussiste nel caso in cui le modifiche consistano in variazioni di dettaglio, che comunque ne lascino inalterato l’impianto originario, quand’anche queste siano numerose sul piano quantitativo ovvero incidano in modo intenso sulla destinazione di singole aree o gruppi di aree solo a seguito di apporto di innovazioni tali da mutare radicalmente l’impostazione di piano stesso (Cons. Stato, sez. IV, 2 gennaio 2023, n. 21. Precedenti conformi: Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2020, n. 6944; Cons. Stato, sez. IV, 21 settembre 2011, n. 5343; Cons. Stato, sez. IV, 26 aprile 2006 n. 2297; Cons. Stato, sez. IV, 31 gennaio 2005, n. 259; Cons. Stato, sez. IV, 10 agosto 2004, n. 5492; Cons. Stato, sez. IV, 13 novembre 2020, n. 7027; Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 2013, n. 5769). Nella specie non risulta essersi verificato alcuno stravolgimento, in sede di approvazione finale, della Variante di Piano adottata, considerato che la destinazione da ultimo impressa al compendio in cui è collocata la proprietà dei ricorrenti non ha prodotto effetti così rilevanti sull’assetto territoriale complessivo, o almeno ciò non è stato oggetto di inequivoca dimostrazione. Infatti, con riguardo alla necessità di una ripubblicazione del Piano, legata ad un asserito stravolgimento di quest’ultimo in fase di approvazione, va sottolineato che, sebbene, in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, la rielaborazione complessiva di uno strumento di pianificazione territoriale, avvenuta in sede di approvazione definitiva dello stesso, comporti la necessità della sua ripubblicazione, va tuttavia osservato che ricorre una tale ipotesi allorquando fra la fase di adozione e quella di approvazione siano intervenuti mutamenti tali da determinare un cambiamento radicale delle caratteristiche essenziali del piano e dei criteri che presiedono alla sua impostazione (TAR Lombardia, Milano, 14 febbraio 2020, n. 309). Come evidenziato dalla giurisprudenza proprio con riferimento al PTCP impugnato “La giurisprudenza amministrativa è infatti concorde nel ritenere che la ripubblicazione del piano urbanistico, comunale o sovracomunale, si impone solo quando si configuri una rielaborazione complessiva, tale da incidere sui criteri che hanno presieduto all’impostazione del medesimo piano. Né può parlarsi di rielaborazione, laddove le disposizioni modificative riguardino, come nel caso di specie, la disciplina di singole aree o singoli gruppi di aree (Consiglio Stato, 02 settembre 2019, n. 6051). L’obbligo di ripubblicazione del piano urbanistico sorge solo a fronte di modifiche che comportino «una sua rielaborazione complessiva, cioè un mutamento delle sue caratteristiche essenziali e dei criteri che alla sua impostazione presiedono», mentre tale adempimento non è necessario «quando, in sede di approvazione, vengano introdotte modifiche che riguardano la disciplina di singola aree o singoli gruppi di aree» (in questo senso si v., tra le tante, Cons. St., sez. IV, sent. n. 7027 del 2020) (Cons. Stato, 7 maggio 2024, n. 4085)
Modifiche obbligatorie, modifiche facoltative e modofiche concordate. Le modifiche obbligatorie non comportano l'obbligo di ripubblicazione del piano. Ai fini della ripubblicazione o meno del piano urbanistico, occorre distinguere tra modifiche “obbligatorie” (in quanto indispensabili per assicurare il rispetto delle previsioni della pianificazione sovraordinata, la razionale sistemazione delle opere e degli impianti di interesse dello Stato, la tutela del paesaggio e dei complessi storici, monumentali, ambientali e archeologici, l'adozione di standard urbanistici minimi), modifiche “facoltative” (consistenti in innovazioni non sostanziali), e modifiche “concordate” (conseguenti all'accoglimento di osservazioni presentate al piano ed accettate dal comune). Mentre per le modifiche “facoltative” e “concordate”, ove superino il limite di rispetto dei canoni guida del piano adottato, sussiste l’obbligo della ripubblicazione da parte del comune; diversamente, per le modifiche “obbligatorie” tale obbligo non sorge, poiché proprio il carattere dovuto dell’intervento regionale (o dell’ente competente in materia) rende superfluo l’apporto collaborativo del privato, superato e ricompreso nelle scelte pianificatorie operate in sede regionale e comunale (Cons. Stato, sez. IV, 2 gennaio 2023, n. 21 – Pres. Poli - Est. Conforti .Precedenti conformi: Cons. Stato, sez. IV, 13 novembre 2020, n. 7027; Cons. Stato, sez. IV, 11 novembre 2020, n. 6944)
Il sindacato giurisdizionale
Scelte urbanistiche. Valutazioni di merito e sindacato giurisdizionale. Giova premettere che, per costante giurisprudenza le scelte urbanistiche costituiscono valutazioni di merito sottratte al sindacato giurisdizionale di legittimità, salvo che risultino inficiate da errori di fatto, abnormi illogicità, violazioni procedurali, ovvero che, per quanto riguarda la destinazione di specifiche aree, risultino confliggenti con particolari situazioni che abbiano ingenerato affidamenti e aspettative qualificate. In particolare, l'onere di motivazione gravante sull'amministrazione in sede di adozione di uno strumento urbanistico, salvo i casi in cui esse incidano su zone territorialmente circoscritte ledendo legittime aspettative, è di carattere generale e risulta soddisfatto con l'indicazione dei profili generali e dei criteri che sorreggono le scelte effettuate, senza necessità di una motivazione puntuale e "mirata" (Cons. Stato, sez. IV, 3 novembre 2008 n. 5478). Come già affermato dal questo Giudice (Cons. Stato, 8 giugno 2011 n. 3497), "le scelte urbanistiche, dunque, richiedono una motivazione più o meno puntuale a seconda che si tratti di previsioni interessanti la pianificazione in generale ovvero un'area determinata, ovvero qualora incidano su aree specifiche, ledendo legittime aspettative; così come mentre richiede una motivazione specifica una variante che interessi aree determinate del PRG., per le quali quest'ultimo prevedeva diversa destinazione (a maggior ragione in presenza di legittime aspettative dei privati), non altrettanto può dirsi allorché la destinazione di un'area muta per effetto della adozione di un nuovo strumento urbanistico generale, che provveda ad una nuova e complessiva definizione del territorio comunale. Né, d'altra parte, una destinazione di zona precedentemente impressa determina l'acquisizione, una volta e per sempre, di una aspettativa di edificazione non più mutabile, essendo appunto questa modificabile (oltre che in variante) con un nuovo PRG, conseguenza di una nuova e complessiva valutazione del territorio, alla luce dei mutati contesti e delle esigenze medio tempore sopravvenute". Le uniche, tassative ipotesi (individuate dalla consolidata giurisprudenza sopra richiamata in base alle argomentazioni elaborate dall'Adunanza plenaria n. 24 del 1999), in cui è richiesta una motivazione rafforzata, sono le seguenti: I) superamento degli standard minimi; II) presenza di una convenzione di lottizzazione o di un accordo equivalente, valido ed efficace; III) giudicato di annullamento di diniego di permesso di costruire o di silenzio inadempimento sulla relativa istanza; IV) destinazione di un fondo totalmente intercluso a zona agricola. Occorre, infine, osservare che la motivazione delle scelte urbanistiche, sufficientemente espressa in via generale, è desumibile sia dai documenti di accompagnamento all'atto di pianificazione urbanistica, sia dalla coerenza complessiva delle scelte effettuate dall'amministrazione comunale (Cons. Stato, sez. IV, 26 marzo 2014 n. 1459) (Cons. Stato, 25 gennaio 2024, n. 490)
La rete ecologica: strutture sportive. Legambiente deduce che la previsione di insediare strutture sportive nell’ambito APS 4 (documento n. 23 di parte ricorrente) contrasterebbe con le norme del P.T.R. e del P.T.C.P. in tema di rete ecologica regionale […] Come spiegato al precedente punto le previsioni urbanistiche impugnate non comportano alcun immediato intervento che si traduca in un’edificazione dell’area. Al contrario, la regola in esame si limita a prevedere l’inserimento di sole strutture sportive o per il tempo libero purché compatibili con il contesto. Le disposizioni non mirano a consentire insediamenti di strutture del tutto incompatibili con la rete ma, al contrario, fanno riferimento ad ambiti circoscritti e ad attrezzatture per lo sport e per il tempo libero che, di per sé, non risultano necessariamente contrarie alle esigenze ambientali. Inoltre, simili interventi sono, comunque, subordinati ad una concreta verifica di compatibilità che, come esposto in precedenza, “sposta”, in ipotesi, la verifica di illegittimità al momento di concreta attuazione della previsione dovendosi accertare proprio in tale momento procedimentale ed alla luce dei reali progetti presentati se si sia dinanzi ad opere lesive delle esigenze ambientali e paesaggistiche (TAR Milano, 14 dicembre 2020, n. 2491)
La natura del Piano Cave. Giova ricordare che il “piano cave” è un atto di pianificazione e programmazione generale, “caratterizzato da discrezionalità incensurabile, una volta che […] ne sia fatt[o] un uso corretto e non emergano evidenti vizi di illogicità e irragionevolezza” (Cons. Stato, Sez. VI, 23 dicembre 2008, n. 6519; CGA, parere 23 ottobre 2017, n. 884). In tale contesto, le scelte effettuate non abbisognano di una specifica motivazione giacché appunto “nella formazione di un piano generale le scelte discrezionali effettuate dall’amministrazione con riguardo alla destinazione di aree singole non necessitano, generalmente, di specifica motivazione, oltre quella derivabile dai criteri seguiti nell’impostare il piano stesso” (Cons. Stato, sentenza n. 6519 del 2008, cit., richiamata dalla sentenza n. 7890 del 2023, cit.). Nello stesso senso, anche il T.a.r ha sottolineato che “la predisposizione e l’approvazione di tali piani costituiscono evidente espressione di potestà pianificatoria, destinata ad approdare in un atto di natura generale a fronte del quale il privato non può avere alcuna pretesa giuridicamente tutelata circa l’inserimento di aree di proprio interesse negli ambiti estrattivi, salvo che – dall’esame del percorso motivazionale – emerga che la sfera di discrezionalità dell'autorità pubblica sia stata esercitata in modo incongruo o contraddittorio”. In sostanza le scelte tecnico-valutative, specie ove discendenti dall’applicazione di cognizioni tecnico-scientifiche proprie di settori caratterizzati da ampi margini di opinabilità, sono sindacabili in sede giudiziale esclusivamente sotto i profili della logicità, coerenza e completezza della valutazione, eventualmente anche sotto l’aspetto della correttezza del criterio tecnico e del procedimento applicativo prescelto, fermo restando il limite della relatività delle valutazioni scientifiche. In sede di giurisdizione di legittimità può essere pertanto censurata la sola valutazione che si ponga al di fuori dell’ambito di opinabilità, poiché diversamente il sindacato giudiziale diverrebbe sostitutivo di quello dell’Amministrazione attraverso la sovrapposizione di una valutazione alternativa, parimenti opinabile (cfr., ex multis, Cons. Stato, Sez. V, 30 novembre 2018, n. 6819) (Cons. Stato, 1 febbraio 2024, n. 1037)