Finanze e bilancio
Rassegna di giurisprudenza in merito alle finanze e bilancio

Riscossione a mezzo del ruolo
Riscossione a mezzo ruolo di somme dovute in forza di rapporti di diritto privato. Serve il titolo esecutivo. Ove il credito oggetto della cartella di pagamento trovi fondamento in un rapporto di diritto privato (nel caso di specie trattavasi di risoluzione per grave inadempimento di contratto di fornitura con richiesta di risarcimento danni) non è legittima l’emissione della cartella di pagamento dovendo il creditore previamente munirsi, nelle forme ordinarie, di un titolo esecutivo (Tribunale di Mantova, 8 gennaio 2024). Il diritto dell'amministrazione comunale di procedere alla riscossione coattiva mediante ruolo, previsto in via generale dall'art. 17 d.lgs. n. 46 del 1999, è subordinato - dall'art. 21 del citato d.lgs. e ai fini dell'iscrizione a ruolo dell'importo dovuto a titolo di COSAP (anche in caso di abusiva occupazione), stante la sua natura di entrata patrimoniale riconducibile ad una prestazione di tipo privatistico - al conseguimento da parte del Comune, secondo le ordinarie procedure di realizzazione del credito tra privati, di un titolo esecutivo. Ebbene, se ciò vale per il conseguimento del canone per l'occupazione, ossia per la prestazione principale connessa al mero utilizzo del suolo pubblico, vale a dire la COSAP ai sensi del d.lgs. n. 446 del 1997 e della legge n. 448 del 1998, lo stesso non può non valere anche per una prestazione accessoria alla prima collegata, laddove la pretesa - come nel caso che occupa - consista in realtà nella indennità da abusiva occupazione, prevista dal regolamento comunale (per la stessa Cass. n. 1435/2018, in motivazione, impropriamente richiamata dalla sentenza impugnata, l'indennità in parola costituisce credito diverso dalla mera COSAP). E' quindi evidente che l'Ente, ai fini del recupero di un siffatto credito mediante riscossione coattiva, deve previamente munirsi di un titolo esecutivo, stante la sua natura privatistica, donde l'erroneità della sentenza impugnata (Cassazione civ., 4 marzo 2022, n. 7188)
Per iscrivere a ruolo non serve notificare il titolo esecutivo. Il sistema della riscossione coattiva a mezzo ruolo si articola sulla formazione di quest'ultimo, per il quale non occorre alcuna notifica, e della cartella esattoriale, che invece deve essere notificata; invece, la mancata notificazione del titolo esecutivo (nella specie, il provvedimento giurisdizionale originante il credito) anteriormente a quella della cartella di pagamento, non determina la nullità di quest'ultima, con conseguente inammissibilità dell'opposizione agli atti esecutivi, ai sensi dell'art. 617 c.p.c., per dedurre tale omissione. (massima ufficiale) (Cassazione civ., 25 novembre 2021, n. 36649)
Impugnazione del ruolo
Il ruolo può essere autonomamente impugnato solo ove sia mancata la notifica della cartella di pagamento. L'impugnazione dell'estratto di ruolo è ammissibile soltanto in caso di omessa o invalida notifica della cartella di pagamento e relativamente al credito in esso riportato, avendo la funzione di recuperare la tutela avverso la cartella invalidamente notificata, e non anche per far valere fatti estintivi successivi (quali la prescrizione del credito), non essendo configurabile un interesse all'azione di accertamento negativo in difetto di una situazione di obiettiva incertezza, allorquando nessuna iniziativa esecutiva sia stata intrapresa dall'amministrazione (Cassazione civ., 7 marzo 2022, n. 7353)
Casi
Iscrizione a ruolo per recupero spese interventi di bonifica è ammissibile solo se è stata posta in essere la procedura amministrativa prevista dalla legge: individuazione del responsabile dell'inquinamento, diffida, interventi in surroga. Con riguardo alle attività di messa in sicurezza e di bonifica ambientale di siti inquinati poste in essere dagli enti locali in surroga del responsabile dell'inquinamento, ai sensi dell'art. 17 del d.lgs. n. 22 del 1997 e del d.m. n. 471 del 1999, applicabili "ratione temporis", nonché delle eventuali leggi regionali di disciplina della materia, la possibilità per l'ente locale di procedere al recupero delle relative spese direttamente in via esecutiva nei confronti del responsabile, mediante iscrizione a ruolo delle corrispondenti somme, sussiste solo laddove sia stata posta in essere la procedura amministrativa prevista dal complesso normativo richiamato (che richiede la preventiva individuazione del responsabile dell'inquinamento e degli interventi necessari, una diffida ad adempiere entro 48 ore al predetto responsabile e, solo in caso di inerzia di quest'ultimo, l'esecuzione degli interventi in surroga), i cui atti sono impugnabili davanti al giudice amministrativo, con riserva della giurisdizione del giudice ordinario per le questioni patrimoniali; ove, invece, vengano invece effettuati dall'ente locale, a causa dell'urgenza, interventi di bonifica o messa in sicurezza di siti inquinati senza previa individuazione del responsabile dell'inquinamento e delle opere da eseguire e senza previa diffida ad adempiere, la pretesa al rimborso dà luogo ad un controversia esclusivamente patrimoniale, avente ad oggetto l'individuazione del responsabile dell'inquinamento e l'accertamento dell'urgenza di provvedere, nonché della congruità dei relativi esborsi, devoluta integralmente alla giurisdizione del giudice ordinario, senza possibilità di iscrivere a ruolo la pretesa di rimborso da parte dell'ente, il quale deve munirsi di idoneo titolo esecutivo (Cassazione civ., 23 dicembre 2021, n. 41436)
Il recupero dell'indennità da abusiva occupazione non può essere iscritta a ruolo in assenza di un titolo esecutivo. Ai fini del recupero dell'indennità da abusiva occupazione di suolo pubblico con riscossione coattiva mediante ruolo, la pubblica amministrazione è tenuta a munirsi preventivamente di un titolo esecutivo, in quanto la pretesa creditoria attiene ad un'entrata patrimoniale di natura privatistica, al pari di quella relativa al canone concessorio c.d. "COSAP", nonostante la qualifica indennitaria eventualmente stabilita con regolamento comunale (Cassazione civ., 4 marzo 2022, n. 7188)
Debiti fuori bilancio e passività pregresse. Differenze. La questione proposta comporta un approfondimento del discrimen tra le c.d. “passività pregresse” (riconducibili nell’art.191 del TUEL) e i “debiti fuori bilancio” (disciplinati dall’art.194 del TUEL), su cui la giurisprudenza contabile ha avuto modo di soffermarsi sia in sede consultiva sia di esame dei rendiconti degli enti locali. Occorre considerare, come già da tempo chiarito da questa stessa sezione (Lombardia/n.436/2013/PAR) e più recentemente dalla Sezione regionale di controllo della Sicilia che “la procedura di riconoscimento dei debiti fuori bilancio è una disciplina eccezionale relativa a ipotesi tassative e di tenndenziale stretta interpretazione” (Sicilia/n.81/2022/PAR). I debiti fuori bilancio sono dettagliatamente disciplinati dall’art. 194, comma 1, lett. a)- e) del TUEL. Essi costituiscono obbligazioni giuridicamente valide dal punto di vista civilistico, anche se contratte in assenza della necessaria preventiva assunzione dell’impegno di spesa. Il legislatore, onde evitare l’insorgenza di situazioni debitorie non assistite dai relativi impegni, ne ha previsto il riconoscimento limitatamente ad alcune fattispecie indicate nel suddetto art. 194, caratterizzate dalla mancanza di impegno all’interno del ciclo ordinario del bilancio. Si tratta di debiti derivanti da “a) sentenze esecutive; b) copertura di disavanzi di consorzi, di aziende speciali e di istituzioni, nei limiti degli obblighi derivanti da statuto, convenzione o atti costitutivi, purché sia stato rispettato l’obbligo di pareggio del bilancio di cui all’articolo 114 ed il disavanzo derivi da fatti di gestione; c) ricapitalizzazione, nei limiti e nelle forme previste dal codice civile o da norme speciali, di società di capitali costituite per l’esercizio di servizi pubblici locali; d) procedure espropriative o di occupazione d’urgenza per opere di pubblica utilità; e) acquisizione di beni e servizi, in violazione degli obblighi di cui ai commi 1, 2 e 3 dell’articolo 191, nei limiti degli accertati e dimostrati utilità ed arricchimento per l’ente, nell’ambito dell’espletamento di pubbliche funzioni e servizi di competenza”. Diverse sono invece le caratteristiche procedurali che inquadrano le cosiddette passività pregresse. Questa stessa sezione ha recentemente chiarito “Le c.d. “passività pregresse” o arretrate, sono, invece, spese che, a differenze dei debiti fuori bilancio, si collocano all’interno di un ordinario procedimento di spesa. Si tratta, infatti, di spese per le quali l’Amministrazione comunale ha proceduto a un regolare impegno, ma che, per fatti non prevedibili, di norma collegati alla natura della prestazione, hanno dato luogo a un debito non assistito da idonea copertura ex art. 191 TUEL, che può rilevare come insufficienza dell’impegno contabile. Ponendosi, quindi, all’interno di una regolare procedura di spesa, la passività 6 pregressa esula dalla fenomenologia del debito fuori bilancio, costituendo debiti la cui competenza finanziaria è riferibile all’esercizio di loro manifestazione. Lo strumento procedimentale, in casi come questi, è costituito di fatto dalla procedura ordinaria di spesa disciplinata dall’art. 191 TUEL, accompagnata dalla eventuale variazione di bilancio finalizzata al reperimento delle risorse ove queste risultino insufficienti (art. 193 TUEL).” (Lombardia/n. 175/2023/PAR) La Sezione regionale di controllo per la Sardegna a sua volta ha ben evidenziato che “Le passività pregresse derivano da impegni contabili assunti regolarmente ma che non risultano sufficienti a far fronte alla spesa in modo integrale, quando essa viene ad evidenza. Esse si verificano allorché, all’esito dell’assunzione del formale impegno, taluni fatti imprevedibili, talvolta (ma non necessariamente) legati alla natura della prestazione, sfuggono sia alla voluntas che all’auctoritas del soggetto che ha assunto l’obbligazione per conto dell’ente, incidendo, appunto, sulla misura del costo. I debiti fuori bilancio hanno, invece, la loro genesi in obbligazioni assunte in assenza di un regolare impegno di spesa e che, a determinate condizioni ed entro i precisi limiti di cui all’art.194 TUEL, possono essere oggetto di riconoscimento e successivo pagamento. L’esigenza del riconoscimento consiliare, peraltro, come è stato osservato da autorevole giurisprudenza di questa Corte, sorge per il fatto che dette obbligazioni devono essere ricondotte nell’alveo del bilancio di cui è dominus l’organo consiliare che, diversamente, sarebbe esautorato dal loro vaglio di legittimità ed utilità per l’ente locale (Sezione delle Autonomie, n. 27/SEZAUT/2019/QMIG del 21 novembre 2019). Per contro, le passività pregresse si riferiscono, come precisato, a spese comunque sorte nel rispetto delle regole contabili, presentando l’impegno originariamente assunto unicamente caratteristiche di incapienza […]”( Sezione Sardegna n. 33/2021/PAR) In materia di passività pregresse vanno infine utilmente richiamate le delibere della Sezione Lombardia n. 82/2015/PAR per maggiori spese, rispetto a quelle impegnate, derivanti dall’utilizzo di utenze elettriche per gli edifici comunali e la già citata deliberazione della Sezione Sardegna n. 33/2021/PAR per i maggiori oneri fiscali in seguito dell’accertamento dell’Agenzia delle entrate, derivanti dalla controversa interpretazione della normativa in materia di aliquota IVA agevolata (cfr. anche Sezione regionale di controllo per la Sicilia, deliberazione n. 81/2022/PAR per la maggiorazione sulle indennità dei segretari comunali). Alla luce delle suddette indicazioni normative e interpretative, sarà l’Ente, sulla base degli elementi contabili circostanziati in suo possesso, a individuare la disciplina applicabile al prospettato caso concreto (Corte dei Conti Lombardia, 12 dicembre 2023, n. 290/2023/PAR)
La promessa di pagamento non costituisce un'autonoma fonte di obbligazione. La promessa di pagamento, al pari della ricognizione di debito, non costituisce autonoma fonte di obbligazione, ma ha soltanto effetto confermativo di un preesistente rapporto fondamentale, venendo ad operarsi, in forza dell'art. 1988 c.c., un'astrazione meramente processuale della "causa debendi", comportante una semplice "relevatio ab onere probandi" per la quale il destinatario della promessa è dispensato dall'onere di provare l'esistenza del rapporto fondamentale, che si presume fino a prova contraria e che, oltre ad essere preesistente, può anche nascere contemporaneamente alla dichiarazione di promessa (o trovarsi "in itinere" al momento di questa), ma della cui esistenza o validità non può prescindersi sotto il profilo sostanziale, con il conseguente venir meno di ogni effetto vincolante della promessa stessa ove rimanga giudizialmente provato che il rapporto fondamentale non è mai sorto, o è invalido, o si è estinto, ovvero che esista una condizione ovvero un altro elemento attinente al rapporto fondamentale che possa comunque incidere sull'obbligazione derivante dal riconoscimento (Cassazione civ. , 25 gennaio 2022, n. 2091)
Promessa unilaterale della PA. Forma scritta. In tema di ricognizione di debito, ove l'atto ricognitivo provenga da una pubblica amministrazione, lo stesso richiede la forma scritta "ad substantiam" e la prova della sua esistenza e del suo contenuto non può essere fornita né attraverso la confessione, né mediante la testimonianza (Cassazione civ., 25 gennaio 2022, n. 2091)
Titolo esecutivo giudiziale: solo interessi legali se non è altrimenti specificato. Se il titolo esecutivo giudiziale - nella sua portata precettiva individuata sulla base del dispositivo e della motivazione - dispone il pagamento di “interessi legali”, senza alcuna specificazione e in mancanza di uno specifico accertamento del giudice della cognizione sulla spettanza di interessi, per il periodo successivo alla proposizione della domanda giudiziale, secondo il saggio previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali (ex art. 1284, comma 4, c.c.), la misura degli interessi maturati dopo la domanda corrisponde al saggio previsto dall’art. 1284, comma 1, c.c., stante il divieto per il giudice dell’esecuzione di integrare il titolo (Cass. Sezioni Unite, 7 maggio 2024, n. 12449)
Gli interessi moratori sono dovuti dalla data di messa in mora o di presentazione della domanda giudiziale, e non dalla liquidazione del credito da parte del giudice. Nel caso di richiesta avente ad oggetto il pagamento di compensi per prestazioni professionali rese dall'esercente la professione forense, gli interessi di cui all'art. 1224 c.c. competono a far data dalla messa in mora, coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale ovvero con la richiesta stragiudiziale di adempimento, e non anche dalla successiva data in cui intervenga la liquidazione da parte del giudice, eventualmente all'esito del procedimento sommario di cui all'art. 14 del d.lgs. n. 150 del 2011, non potendosi escludere la mora sol perché la liquidazione sia stata effettuata dal giudice in misura inferiore rispetto a quanto richiesto dal creditore (Cassazione civ. 16 marzo 2022, n. 8611)
Interessi da ritardato pagamento: le "transazioni commerciali" ex legge 231/02 non sono un nuovo "tipo contrattuale". In tema di interessi da ritardo di pagamento, nella nozione di "transazione commerciale" di cui all'art. 2 del d. lgs. n. 231 del 2002 - intesa quale contratto di scambio che opera la creazione o circolazione della ricchezza, stipulato da soggetti qualificati e caratterizzato dal pagamento di un prezzo - vanno ricomprese tutte le prestazioni di servizio, non avendo la norma introdotto un nuovo tipo contrattuale ma solo riassunto il "genus" dei contratti ai quali si applica, tra i quali va ricompreso, pertanto, anche il contratto di agenzia (Cassazione civ. 31 marzo 2022, n. 10528)
Derivati IRS. Mancata indicazione degli scenari probabilistici e alea del rischio. Nullità. In tema di "interest rate swap", occorre accertare, ai fini della validità del contratto, se si sia in presenza di un accordo tra intermediario ed investitore sulla misura dell'alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti ed oggettivamente condivisi; tale accordo non si può limitare al "mark to market", ossia al costo, pari al valore effettivo del derivato ad una certa data, al quale una parte può anticipatamente chiudere tale contratto od un terzo estraneo all'operazione è disposto a subentrarvi, ma deve investire, altresì, gli scenari probabilistici e concernere la misura qualitativa e quantitativa della menzionata alea e dei costi, pur se impliciti, assumendo rilievo i parametri di calcolo delle obbligazioni pecuniarie nascenti dall'intesa, che sono determinati in funzione delle variazioni dei tassi di interesse nel tempo. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza d'appello, che aveva escluso che, nelle operazioni di derivati, l'occultamento nel contratto di costi occulti a svantaggio del cliente si ripercuotesse sulla validità del contratto) (Cass. 10 agosto 2022, n. 24654)
Derivati IRS. Mancanza indicazione del mark to market. Nullità. “Nei derivati solo con l’esplicitazione della formula matematica, che consente di calcolare il Mark to Market, l’oggetto del contratto è determinabile. La sua mancanza si risolve in una causa di nullità del negozio e non in una mera irregolarità informativa, foriera di obbligazioni meramente risarcitorie" (Corte d’Appello di Milano, 14 dicembre 2022, n. 3939)
Derivati IRS. Mark to market e scenari probabilistici. Quel che conta è che il contratto per cui è lite non recasse menzione del mark to market e dei costi impliciti e mancasse in conseguenza di esplicitare il fair value (e cioè il valore) negativo del derivato (ivi, pag. 14). La Corte di appello avrebbe dovuto considerare che le richiamate carenze erano incidenti sulla validità del contratto e tali da determinarne la nullità (Corte Cass, 19 marzo 2024, n. 7368)
Derivati IRS. Scenari probabilistici e costi impliciti. Nullità. “(…) la caducazione dei contratti di swap trova comunque riscontro: non solo per essere stati conclusi – come si è visto – senza l’intervento di promotori finanziari, ma anche per la nullità strutturale da cui erano affetti i detti negozi. In proposito, quanto osservato dal Giudice del gravame con riguardo alla doverosa rappresentazione del rischio dipendente dal derivato e alla correlativa necessità che i contratti recassero menzione di alcuni dati, tra cui i costi impliciti e il mark to market, si mostra corretto. Come hanno precisato le Sezioni Unite di questa Corte, in tema di interest rate swap, occorre accertare, ai fini della validità del contratto, se si sia in presenza di un accordo tra intermediario ed investitore sulla misura dell’alea, calcolata secondo criteri scientificamente riconosciuti ed oggettivamente condivisi: accordo che investe il mark to market, ossia il costo, pari al valore effettivo del derivato ad una certa data, al quale una parte può anticipatamente chiudere tale contratto od un terzo estraneo all’operazione è disposto a subentrarvi, ma che deve estendersi agli scenari probabilistici e concernere la misura qualitativa e quantitativa della menzionata alea e dei costi, pur se impliciti, assumendo rilievo i parametri di calcolo delle obbligazioni pecuniarie nascenti dall’intesa, che sono determinati in funzione delle variazioni dei tassi di interesse nel tempo (…)” (Corte Cass, 20 marzo 2024, n. 7412)
TOSAP/COSAP
TOSAP e cavalcavia. In tema di TOSAP, l'occupazione dello spazio sovrastante strade comunali o provinciali, tramite manufatti per la realizzazione della rete autostradale (nella specie, cavalcavia), ove compiuta non direttamente dallo Stato, ma dal concessionario dell'opera pubblica, ricade nell'applicazione dell'art. 38 d.lgs. n. 507 del 1993, in quanto tali strade continuano a far parte del demanio comunale o provinciale e sono occupate, sia pure legittimamente, da soggetto diverso dall'ente territoriale titolare (Corte Cass., sez. Trib., 22 gennaio 2024, n. 2164)
Addizionale provinciale sulle accise
Legittimazione passiva dell'Agenzia delle Dogane. Spetta in via esclusiva all'Agenzia delle dogane e dei monopoli la legittimazione passiva nelle liti promosse dal cedente della fonte energetica per il rimborso dell'addizionale provinciale sulle accise, di cui all' abrogato art. 6, del decreto-legge 511/1988, per forniture di energia elettrica con potenza disponibile non superiore a 200 kW (Corte di Cassazione, sez. Tributaria, 2 agosto 2024, n. 21883)
Addizionale provinciale all'accisa sull'energia elettrica. L'articolo 288, terzo comma, TFUE deve essere interpretato nel senso che esso osta a che un giudice nazionale disapplichi, in una controversia tra privati, una norma nazionale che istituisce un'imposta indiretta contraria ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta, salvo che il diritto interno disponga diversamente o che l'ente nei confronti del quale venga fatta valere la contrarietà di detta imposta sia soggetto all'autorità o al controllo dello Stato o disponga di poteri esorbitanti rispetto a quelli risultanti dalle norme applicabili ai rapporti tra privati. 2) Il principio di effettività deve essere interpretato nel senso che esso osta ad una normativa nazionale che non permette al consumatore finale di chiedere direttamente allo Stato membro il rimborso dell'onere economico supplementare sopportato a causa della ripercussione operata da un fornitore, in base ad una facoltà riconosciutagli dalla normativa nazionale, di un'imposta che tale fornitore aveva indebitamente versato, consentendogli unicamente di intentare un'azione civilistica per la ripetizione dell'indebito contro detto fornitore, qualora il carattere indebito di tale versamento sia la conseguenza della contrarietà dell'imposta in parola ad una disposizione chiara, precisa e incondizionata di una direttiva non trasposta o non correttamente trasposta e tale motivo di illegittimità non possa essere validamente invocato nell'ambito di tale azione, in ragione dell'impossibilità di invocare in quanto tale una direttiva in una controversia tra privati (Corte di Giustizia UE, sez. V, 11 aprile 2024 - C-316/22)
Imposta di registro
Concessione d'uso e diritti di superficie: ai fini della determinazione delle imposte di registro e catastali in tema di atti concessori di beni demaniali, ove in base al tenore dell'atto si accerti che le parti abbiano costituito, oltre alla concessione d'uso, anche diritti di superficie funzionali alla realizzazione dell'oggetto della concessione, la base imponibile è costituita dall'ammontare dei canoni di concessione dovuti per la durata della stessa, applicando le diverse aliquote in relazione ai diversi tipi di atti in essa contenuti (Cassazione Trib, 26 aprile 2022, n. 13011)
Contratto sottoposto a condizione sospensiva. Ai fini dell'applicazione dell'imposta di registro e di quella ipotecaria e catastale di un atto sottoposto a condizione sospensiva, ove la condizione riguardi più beni e l'atto inizi a spiegare i propri effetti in modo parziale, in dipendenza della circostanza che le parti hanno prefigurato un avveramento della condizione in modo progressivo, le pertinenti imposte vanno applicate in misura proporzionale, in relazione a ciascuna ipotesi di avveramento successivo (Cassazione Trib., 26 aprile 2022, n. 13011)