Appalti e contratti
Rassegna di giurisprudenza in merito agli appalti e contratti

Affidamento diretto
Procedimentalizzazione dell'affidamento diretto. Nelle procedure di affidamento diretto, il d.lgs. n. 36/2023 prevede che la scelta dell’operatore “anche nel caso di previo interpello di più operatori economici” è “operata discrezionalmente dalla stazione appaltante” (art. 3, allegato I.1), fermo restando l’obbligo di motivarne le ragioni (art. 17, c. 2). Essa sfugge, pertanto, al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità o travisamento dei fatti. L’art. 50, c. 1, lett. b), d.Lgs. n. 36/2023 consente l’affidamento diretto dei servizi e forniture, di importo inferiore a 140.000 euro, “anche senza” consultazione di più operatori economici e l’art. 3, allegato I.1 del codice dei contratti prevede espressamente la facoltà per la stazione appaltante di interpellare più operatori. Come già affermato dalla giurisprudenza in fattispecie analoghe, “la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori (procedimentalizzazione che, peraltro, corrisponde alle previsioni contenute nelle Linee Guida n. 4 per tutti gli affidamenti diretti; cfr. il par. 4.1.2 sull’avvio della procedura), non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’Amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze” (cfr. Cons. di Stato, sez. V, 15.01.2024, n. 503; Sez. IV, 23.04.2021 n. 3287; in termini, TAR Venezia, Sez. I, 13.06.2022 n. 981; TAR Basilicata, Sez. I, 11.02.2022 n. 108; TAR Marche, Sez. I, 07.06.2021 n. 468). Inoltre, la giurisprudenza ha anche puntualizzato che non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara neppure la richiesta del possesso, in capo agli operatori, di requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale che è, anzi, conforme a quanto previsto all’art. 17, c. 2, d.Lgs. n. 36/2023, in forza del quale, in caso di affidamento diretto, la decisione di contrarre “individua l’oggetto, l’importo e il contraente, unitamente alle ragioni della sua scelta, ai requisiti di carattere generale e, se necessari, a quelli inerenti alla capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale” (T.A.R. Lazio, sez. seconda bis, 11 novembre 2024, sent. 19840; T.A.R. Lombardia, sez. IV., 11 giugno 2024, sent. 1778) (TAR Napoli, 4 febbraio 2025, n. 909)
Procedimentalizzazione dell'affidamento diretto. La decisione di contrarre, assunta con la determina n. 501 del 30.11.2023, manifesta la volontà dell’amministrazione di addivenire ad un affidamento diretto sotto soglia, previa richiesta di preventivi, la cui “la valutazione complessiva di carattere qualitativo ed economico” è demandata al responsabile unico del procedimento, “senza generare nessun tipo di graduatoria tra gli operatori partecipanti”. Nelle procedure di affidamento diretto, il d.lgs. n. 36/2023 prevede che la scelta dell’operatore “anche nel caso di previo interpello di più operatori economici” è “operata discrezionalmente dalla stazione appaltante” (art. 3, allegato I.1), fermo restando l’obbligo di motivarne le ragioni (art. 17, c. 2). Essa fugge, pertanto, al sindacato di legittimità del giudice amministrativo, salvo che non sia manifestamente inficiata da illogicità, arbitrarietà, irragionevolezza, irrazionalità o travisamento dei fatti. […] Il fatto che è stato dato avvio ad una procedura di affidamento mediante l’adozione di una determinazione a contrarre e la trasmissione di una lettera invito a cinque operatori; la richiesta del possesso di specifici requisiti di ordine speciale, mentre nessuna indicazione sarebbe stata chiesta rispetto al possesso di documentate esperienze pregresse previste dall’art. 50, comma 1, lett. b), d.Lgs. n. 36/2023; la richiesta di formulazione di una vera e propria offerta, composta da una parte tecnica ed una parte economica, e non di un preventivo; la previsione di criteri di valutazione delle offerte, rimessi alla discrezionalità del RUP, sulla base del criterio - per quanto non espressamente richiamato -dell’offerta economicamente più vantaggiosa; la previsione di un sopralluogo obbligatorio, “al fine della presentazione dell’offerta”, non fanno l’obbligo per l’amministrazione di rispettare le regole che disciplinano le procedure negoziate, ivi comprese quelle afferenti al procedimento di verifica di congruità delle offerte, ove l'amministrazione abbia dichiarato di volere procedere ad un affidamento diretto, ai sensi dell’art. 50, c. 1, lett. b), d.lgs. n. 36/2023, in considerazione del valore dell’appalto, di importo inferiore a 140.000 euro, e di volere individuare l’operatore cui affidare il servizio previo confronto di preventivi chiesti a cinque operatori, affidando al RUP la valutazione complessiva di carattere qualitativo ed economico dei preventivi, valutazione che verrà “descritta in apposito verbale redatto dallo stesso, senza generare nessun tipo di graduatoria tra gli operatori partecipanti”; queste medesime affermazioni sono ribadite nella lettera d’invito. La chiara indicazione della norma applicata, l’importo del servizio oggetto di affidamento, inferiore alla soglia dei 140.000 euro, la previsione di un mero confronto tra preventivi e l’assenza di una commissione giudicatrice nominata per la valutazione delle offerte, per cui l’individuazione del preventivo ritenuto più conveniente per l’amministrazione è effettuata direttamente dal R.U.P., senza le formalità della seduta pubblica e senza l’elaborazione di una graduatoria finale tra le diverse proposte, palesano la volontà dell’amministrazione di ricorrere ad una modalità di affidamento diretto e non ad una procedura di carattere comparativo (cfr., analogamente, Tar Lombardia, Milano, sez. IV, sent. n. 2968/2023). Non palesa invece la volontà di indire una procedura negoziata la decisione dell’amministrazione di interpellare cinque operatori: l’art. 50, c. 1, lett. b), d.lgs. n. 36/2023 consente l’affidamento diretto dei servizi e forniture, di importo inferiore a 140.000 euro, “anche senza” consultazione di più operatori economici e l’art. 3, allegato I.1 del codice dei contratti prevede espressamente la facoltà per la stazione appaltante di interpellare più operatori. Inoltre, come già affermato dalla giurisprudenza in fattispecie analoghe, “la mera procedimentalizzazione dell'affidamento diretto, mediante l'acquisizione di una pluralità di preventivi e l'indicazione dei criteri per la selezione degli operatori (procedimentalizzazione che, peraltro, corrisponde alle previsioni contenute nelle Linee Guida n. 4 per tutti gli affidamenti diretti; cfr. il par. 4.1.2 sull'avvio della procedura), non trasforma l'affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall'Amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze” (cfr. Cons. di Stato, Sez. IV, 23.04.2021 n. 3287; in termini, TAR Venezia, Sez. I, 13.06.2022 n. 981; TAR Basilicata, Sez. I, 11.02.2022 n. 108; TAR Marche, Sez. I, 07.06.2021 n. 468). Non assumono, pertanto, rilievo la richiesta di un’offerta tecnica e un’offerta economica, da formularsi previa effettuazione di un sopralluogo, l’indicazione di un importo “a base d’asta” e la predeterminazione di criteri di valutazione.Non trasforma certo l’affidamento diretto in una procedura di gara neppure la richiesta del possesso, in capo agli operatori, di requisiti di capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale che è, anzi, conforme a quanto previsto all’art. 17, c. 2, d.lgs. n. 36/2023 in forza del quale, in caso di affidamento diretto, la decisione di contrarre “individua l'oggetto, l'importo e il contraente, unitamente alle ragioni della sua scelta, ai requisiti di carattere generale e, se necessari, a quelli inerenti alla capacità economico-finanziaria e tecnico-professionale” (TAR Milano, 14 giugno 2024, n 1803)
Affidamento diretto e onere di motivazione (DL 76/20) L’appellante insiste sul difetto di motivazione in ordine alla scelta dell’aggiudicataria e sulla mancata formazione di una graduatoria. Nel far ciò, tuttavia, non ha considerato la natura semplificata della procedura posta in essere, regolata dall’art. 1, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 76 del 2020, convertito in legge n. 120 del 2020. Il TAR ha rimarcato che l’omissione della graduatoria finale risultava coerente con le previsioni del disciplinare, intitolato “Condizioni particolari di RDO – Confronto di preventivi” (richiamandone l’art. 7, paragrafo finale), e che la scelta dell’aggiudicataria è stata specificamente e dettagliatamente motivata con riferimento a tutti i criteri valutativi predeterminati dall’amministrazione. Il Giudice di prime cure, inoltre, ha affermato che la previsione di questi ultimi, insieme all’acquisizione di più offerte, non comportava la trasformazione della procedura in una gara vera e propria, trattandosi piuttosto di un mero confronto di preventivi, con conseguente dovere della stazione appaltante di motivare la scelta dell’aggiudicatario non in ottica comparativa, ma solo in termini di economicità e di rispondenza dell’offerta alle proprie esigenze. Gli atti posti in essere dall’amministrazione, a giudizio del TAR, sono stati coerenti con le previsioni dell’art. 30 del d.lgs. n. 50 del 2016 (richiamato dall’art. 1, comma 2, lettera a, del decreto-legge n. 76 del 2020, come convertito) e ciò proprio in considerazione della pubblicità della procedura, della predeterminazione dei criteri valutativi e della completezza della motivazione in relazione alla tipologia di procedura espletata. L’appellante ha ribadito che quella posta in essere dall’amministrazione doveva ritenersi alla stregua di una vera e propria procedura selettiva, dovendosi far prevalere il “dato sostanziale” consistente nel “procedimento in concreto posto in essere”. A suo modo di vedere, il Politecnico, una volta deciso “di aprire l’affidamento al mercato attraverso l’introduzione di regole improntate al confronto concorrenziale”, avrebbe dovuto farsi guidare dai principi generali dell’evidenza pubblica e, quindi, avrebbe dovuto prestabilire i criteri di valutazione delle offerte e valutare queste ultime in comparazione tra di loro, redigendo apposita graduatoria. La motivazione finale del RUP sarebbe, in tale prospettiva, “apodittica” e, comunque, “generica ed indeterminata”. In realtà la stessa prospettiva che vorrebbe prediligere le caratteristiche del “procedimento in concreto posto in essere” non giova all’appellante, in quanto essa, a ben vedere, prova troppo: la procedura in concreto posta in essere, infatti, era proprio quella dell’affidamento diretto, ai sensi dell’art. 1, comma 2, lettera a), del decreto-legge n. 76 del 2020, come convertito, le cui caratteristiche erano ben delineate dal disciplinare che, come rimarcato dal TAR, escludeva in radice la natura comparativa della valutazione. In tale prospettiva, la motivazione finale è del tutto adeguata e sufficiente, in quanto doveva limitarsi ad un giudizio di rispondenza dell’offerta alle esigenze dell’amministrazione. Deve qui ribadirsi che la mera procedimentalizzazione dell’affidamento diretto, mediante l’acquisizione di una pluralità di preventivi e l’indicazione dei criteri per la selezione degli operatori (secondo modalità che corrispondono alle previsioni contenute nelle Linee Guida ANAC n. 4 per gli affidamenti diretti), non trasforma l’affidamento diretto in una procedura di gara, né abilita i soggetti che non siano stati selezionati a contestare le valutazioni effettuate dall’amministrazione circa la rispondenza dei prodotti offerti alle proprie esigenze (cfr. Cons. Stato, sez. IV, sentenza n. 3287 del 2021, opportunamente richiamata dal TAR; va qui aggiunto che le osservazioni compiute su questa sentenza, nella parte finale dell’atto di appello, non sono tali da inficiare la portata generale del principio di diritto così enunciato, il quale – diversamente da ciò che l’appellante ritiene – non appare affatto influenzato dalle particolari caratteristiche che, in quel caso, si riconnettevano alla procedura di affidamento diretto, per come disegnata dall’amministrazione nella richiesta di preventivo) (Cons. Stato, 15 gennaio 2024, n. 503)
Affidamento diretto “puro”. Il Comune ha adeguatamente chiarito le ragioni a fondamento della scelta operata, evidenziando di aver deciso di esternalizzare la gestione del servizio, non essendo in grado di gestire direttamente la struttura, e inoltre di aver inteso, tramite l’affidamento diretto in questione, evitare il prolungamento della chiusura e la sua mancata operatività (anche a ragione dei tempi presumibilmente necessari per l’espletamento di una procedura di gara aperta relativa all’affidamento pluriennale della concessione), garantendo quindi la ripresa in tempi rapidi dell’attività di gestione a fini turistico-ricettivi. L’interesse generale perseguito dal Comune nell’attuale congiuntura non è stato dunque quello di ottenere una maggiore offerta economica, ma di consentire al più presto la ripresa dell’attività della struttura, sì da garantire il presidio del complesso immobiliare e il rispetto della finalità dell’intervento volto alla valorizzazione turistica del territorio. Il Comune si è quindi non irragionevolmente né illegittimamente determinato all’affidamento diretto della struttura, in applicazione dell’art. 1 del d.l. n. 76/2020 che, come evidenziato, ha introdotto strumenti normativi per l'incentivazione degli investimenti pubblici durante il periodo emergenziale in relazione all'aggiudicazione dei contratti pubblici sotto soglia, tra cui l’affidamento diretto per lavori, servizi e forniture di importo inferiore a 150.000,00 euro. (Consiglio di Stato, 15 febbraio 2022, n. 1108)
Affidamento diretto ed abuso d'ufficio. Ai fini della configurabilità del reato, ha efficacia retroattiva il disposto innalzamento, ex art. 50, comma 1, lett. b), d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, del limite-soglia al di sopra del quale la stipula di un contratto di appalto di servizi deve essere preceduta dall'avvio della procedura ad evidenza pubblica, dovendosi riconoscere all'indicata disposizione natura di norma extrapenale integratrice di quella penale. Di conseguenza, per effetto di detta successione mediata di leggi, viene meno la pregressa rilevanza penale di appalti di servizi di valore eccedente il previgente limite-soglia di euro 40.000,00, ma inferiore a quello successivamente introdotto, pari ad euro 140.000,00 (Il caso riguardava un contratto stipulato tra una società in house e un avvocato del libero foro a cui furono affidati i seguenti incarichi: recupero crediti in via stragiudiziale; rilascio di pareri orali e/o scritti; redazione di modulistica aziendale; stesura di schemi di contratti tipo; evasione della corrispondenza, anche telefonica; sessioni informative sia in studio che in azienda; risoluzione di problematiche relative al rapporto con 00.SS. e dipendenti; consulenza stragiudiziale nelle procedure disciplinari; assistenza in arbitrati; riunioni sindacali; riunioni con il socio unico ASL Bari; consulenza per la progettualità per l'incremento di servizi; raccordo con gli altri avvocati a cui la società aveva affidato mandati ad litem. Inoltre, nel contratto si prevedeva che il professionista fosse tenuto a prestare l'attività di consulenza ogni qualvolta gli fosse richiesto e, comunque, almeno una volta alla settimana; che l'incarico durasse tre anni; che il compenso fosse di Euro 3.116 mensili, oltre al rimborso forfettario; che nell'incarico fosse inclusa ogni eventuale attività giudiziale (il cui compenso era compreso nella remunerazione prevista), con l'aggiunta delle eventuali spese giudizialmente riconosciute nel caso di esito favorevole della causa). I Giudici del merito, dunque, correttamente hanno escluso si trattasse di singoli mandati ad litem conferiti intuitu personae, come preteso dal ricorrente. Con argomentazione compiuta ed esente da vizi logici, hanno rilevato poi come, superandosi il tetto dei Euro 40.000 e non essendo stata fatta precedere la stipula del contratto dalla procedura ad evidenza pubblica, fosse stato violato l'art. 36 del c.d. codice dei lavori pubblici (D.Lgs. n. 50 del 2016 cit.). Ne desumono fosse integrata la condotta del delitto sotto il profilo della violazione di legge, anche nella formulazione, più tipizzata, attualmente vigente, dell'art. 323 cod. pen. (secondo cui le regole di condotta devono essere specifiche ed espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge, non dovendo da esse residuare margini di discrezionalità).(Cass. Penale, 7 marzo 2024, n. 16659)
Incentivi tecnici. È esclusa la possibilità di corresponsione degli incentivi tecnici ex art. 113 del D. Lgs. n. 50/2016. nel caso di proroghe tecniche o di affidamenti diretti in attesa dell'espletamento di successive procedure di affidamento che prevedano, invece, la consultazione comparativa di più operatori (Corte dei conti, Sez. controllo Sicilia, deliberazione n. 181, 2 novembre 2022)
Affidamenti diretti delle concessione. Illegittimità. Per quanto di specifica attinenza, poi, alle concessioni di importo inferiore alla soglia europea, la scelta del legislatore del 2023 è stata quella di operare una radicale inversione di rotta rispetto alla previgente disciplina, regolamentando autonomamente l’affidamento di tali contratti senza alcun rinvio alle disposizioni dettate per i contratti di appalto e, in particolare, senza alcun richiamo all’art. 50 del Decreto Legislativo 31 marzo 2023 n. 36. Pertanto, la procedura di affidamento delle concessioni sotto la soglia di rilevanza europea potrà avvenire secondo le modalità delineate dal citato art. 187, ovvero mediante procedura negoziata, senza pubblicazione di un bando di gara, previa consultazione, ove esistenti, di almeno 10 operatori economici, ferma restando l’opzione dell’ente concedente di utilizzare le procedure di gara disciplinate, per le concessioni, dalle altre disposizioni del Titolo II, della Parte II del Libro IV del Codice (TAR Parma, 18 giugno 2024, n. 155)
Principi
Il principio di concorrenza negli appalti. Nell'individuazione delle specifiche tecniche il RUP della stazione appaltante, che si occupa della legge di gara, deve evitare eccessive restrizioni del mercato concentrandosi su quelle che sono le necessità della stazione appaltante che possono essere soddisfatte anche con prestazioni equivalenti (TAR Lazio, Roma, sez. III quater, 22 novembre 2022, n. 15444).
Principio di rotazione. La procedura in esame è una procedura negoziata ai sensi dell’art. 1 comma 2 lett. b) d.l. n. 76 del 2020 (così dall’avviso pubblico). L’art. 1 comma 2 lett. b) d.l. n. 76 del 2020 ha ad oggetto una “procedura negoziata, senza bando, di cui all’articolo 63 del decreto legislativo n. 50 del 2016, previa consultazione di almeno cinque operatori economici, ove esistenti, nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti”. E’ quindi la stessa disciplina legislativa a fare riferimento a una procedura a inviti. Del resto, nella procedura qui controversa, a seguito della manifestazione di interesse da parte di dieci operatori del settore, ne sono stai invitati cinque a seguito di sorteggio (così la relazione del rup 31 marzo 2023). La procedura qui controversa non è quindi aperta, non offrendo a chiunque sia interessato e abbia i requisiti di presentare l’offerta, ma solo a chi è invitato (così dalla determina 25 novembre 2021), indipendentemente dalla modalità con la quale sono scelti gli invitati, cioè dal sorteggio: il dato rilevante è costituito dal fatto che la procedura sia aperta, o meno. Nel caso di specie non si riscontra quindi quella causa ostativa all’applicazione del principio di rotazione che è rappresentata dal fatto che la gara sia aperta. Nell’ipotesi della procedura aperta non ricorre infatti la ratio che caratterizza il principio di rotazione, il quale, in attuazione del principio di concorrenza (nella dimensione temporale), ha la finalità di evitare il consolidamento di rendite di posizione in capo al gestore uscente, esigenza che non viene in rilievo allorché la stazione appaltante decida di non introdurre alcun sbarramento al numero degli operatori da invitare alla procedura negoziata all’esito dell’indagine di mercato (Cons. St., sez. V, 24 maggio 2021 n. 3999) (Cons. Stato, 12 febbraio 2024, n. 1385)
Fiducia e risultato. Il Consiglio di Stato ha già utilizzato disposizioni del d.lgs. 36/2023 come supporto interpretativo idoneo a risolvere controversie inerenti il d.lgs. 50/2016 (Consiglio di Stato, Sez. V, 9 giugno 2023, n. 5665). L’art. 1 è collocato in testa alla disciplina del nuovo Codice dei contratti pubblici ed è principio ispiratore della stessa, sovraordinato agli altri. Si tratta di un principio considerato quale valore dominante del pubblico interesse da perseguire attraverso il contratto e che esclude che l’azione amministrativa sia vanificata ove non si possano ravvisare effettive ragioni che ostino al raggiungimento dell’obiettivo finale che è: a) nella fase di affidamento giungere nel modo più rapido e corretto alla stipulazione del contratto; b) nella fase di esecuzione (quella del rapporto) il risultato economico di realizzare l’intervento pubblico nei tempi programmati e in modo tecnicamente perfetto. L’affermazione secondo cui “il legislatore ha inteso valorizzare il comportamento legittimo, trasparente e corretto dell’amministrazione e degli operatori economici, che si presume tale, e che non si fonda più sul “sospetto” è del tutto corretta. Il principio della fiducia di cui all’art. 2 del nuovo Codice dei contratti pubblici amplia i poteri valutativi e la discrezionalità della p.a., in chiave di funzionalizzazione verso il miglior risultato possibile. Il principio del risultato e quello della fiducia sono avvinti inestricabilmente: la gara è funzionale a portare a compimento l’intervento pubblico nel modo più rispondente agli interessi della collettività nel pieno rispetto delle regole che governano il ciclo di vita dell’intervento medesimo. Regole che all’evidenza devono essere rispettate (Cons. Stato, 27 febbraio 2024, n. 1924)
Principio del risultato. Sul punto il Collegio non può non rimarcare il decisivo riferimento contenuto nella legge di gara all’obiettivo del “risultato”. Pur essendo la fornitura in questione non ancora soggetta, ratione temporis, alla disciplina di cui al d. lgs. 36/2023, l’utilizzo da parte della legge di gara del parametro del risultato esplicita e conferma, nello specifico procedimento per cui è causa, il carattere immanente al sistema della c.d. amministrazione di risultato (che la dottrina ha ricondotto al principio di buon andamento dell’attività amministrativa, già prima dell’espressa affermazione contenuta nell’art. 1 del citato d. lgs. n. 36 del 2023 con specifico riferimento alla disciplina dei contratti pubblici). Il profilo causale del singolo provvedimento va così analizzato alla luce del collegamento che lo avvince alla complessa vicenda amministrativa, nell’ottica del risultato della stessa: tanto che autorevole dottrina ha in proposito proposto l’introduzione di “una nuova nozione, che può essere denominata operazione amministrativa, ad indicare l’insieme delle attività necessarie per conseguire un determinato risultato concreto”. L’importanza del risultato nella disciplina dell’attività dell’amministrazione non va riguardata ponendo tale valore in chiave antagonista rispetto al principio di legalità, rispetto al quale potrebbe realizzare una potenziale frizione: al contrario, come pure è stato efficacemente sostenuto successivamente all’entrata in vigore del richiamato d. lgs. n. 36 del 2023, il risultato concorre ad integrare il paradigma normativo del provvedimento e dunque ad “ampliare il perimetro del sindacato giurisdizionale piuttosto che diminuirlo”, facendo “transitare nell’area della legittimità, e quindi della giustiziabilità, opzioni e scelte che sinora si pensava attenessero al merito e fossero come tali insindacabili”. L’applicazione al caso di specie dei richiamati princìpi implica che l’“operazione amministrativa” avuta di mira dalla stazione appaltante, desunta dalla chiara indicazione in tal senso fornita dalla legge di gara, aveva riguardo al fatto che “Il risultato atteso è la fornitura in opera perfettamente funzionante delle apparecchiature”. Non soddisfa certamente tale requisito la fornitura di apparecchiature che, come accennato, a fronte dell’apparente minor costo di acquisto implicano il necessario svolgimento di attività materiali e giuridiche aggiuntive: le quali, oltre ai costi relativi ai corrispettivi per l’acquisto degli ulteriori materiali necessari al funzionamento, comportano altresì dei costi relativi ai tempi e all’impiego delle risorse umane necessarie per il compimento delle relative procedure (Cons. Stato, 26 marzo 2024, n. 2866)
Conflitto di interessi
Conflitto interessi. Nel settore dei contratti pubblici l’ipotesi del conflitto di interessi non può essere predicata in astratto, ma deve essere accertata in concreto sulla base di prove specifiche. Si richiede in altri termini che la minaccia alla sua imparzialità e indipendenza nel contesto della procedura di appalto o di concessione ex art. 42, comma 2, D. Lgs. n. 50 del 2016, in relazione alla causa di esclusione prevista dall’art. 80, comma 5, lett. d), del medesimo codice, sia dimostrata sulla base di presupposti specifici (TAR Lazio, 10 maggio 2022, n. 5786)
Interdittiva
Interdittiva. Obbligo della stazione appaltante di adeguarsi all'interdittiva prefettizia anche se impugnata. Nel caso esaminato da ANAC l’interdittiva antimafia prefettizia è sopraggiunta all’esito del procedimento di aggiudicazione e il suddetto provvedimento interdittivo risulta essere stato oggetto di apposita impugnativa da parte dell’operatore economico aggiudicatario, allo stato però senza alcun provvedimento cautelare emesso dal Tribunale competente. ANAC osserva che il legislatore ha operato un raccordo tra la disciplina antimafia e quella del Codice dei contratti, assente nel previgente d.lgs. n. 163/2006, e ha chiarito che le situazioni valorizzate nel Codice antimafia ai fini dell’adozione della documentazione antimafia costituiscono cause di esclusione dalla gara, e non solo, ai sensi dell’art. 91, comma 1 e 3, d.lgs. 159/2011, impedimenti alla stipula del contratto. Pertanto, il riferimento inequivocabile alla documentazione antimafia avente effetto interdittivo rilasciata dal Prefetto non lascia margini per ipotizzare esclusioni basate su accertamenti e valutazioni effettuate autonomamente dalla stazione appaltante. La stazione appaltante è tenuta a conformarsi alle risultanze degli accertamenti eseguiti dal Prefetto, e dunque procedere all’esclusione in presenza di una informativa interdittiva (cfr. parere funzione consultiva n. 43 /2023; Parere 87 dell’8/03/2023); uno dei principi più rilevanti negli appalti è quello della continuità nel possesso dei requisiti, che devono essere posseduti a partire dall’atto di presentazione della domanda di partecipazione e permanere per tutta la durata della procedura di evidenza pubblica (cfr. anche sentenza Consiglio di Stato, V sez. n. 8481 del 2023 e Delibera di precontenzioso n. 29 del 26 gennaio 2022, in tema di continuità e controllo giudiziario). Sebbene le informazioni interdittive postume sopravvengano cronologicamente all’aggiudicazione, nella struttura del procedimento di evidenza pubblica ne costituiscono tuttavia un antecedente logico, un atto presupposto con efficacia viziante e non direttamente caducante, nel senso che le stesse aggiudicazioni non cadono automaticamente ma occorre appositamente rimuoverle (ANAC Delibera 159 del 16 marzo 2024)
La posizione di ANAC: equo compenso incompatibile con il diritto dell'Unione (prima del correttivo 2024). "L’Autorità ritiene che “i due ambiti normativi (codice dei contratti pubblici e legge n. 49/2023) vadano adeguatamente coordinati tra loro, accedendo ad una soluzione interpretativa che eviti l’insorgere di contrasti. Nel definire il rapporto esistente tra i due sistemi, occorre infatti considerare che la Legge n. 49/2023, […] si applica ai contratti pubblici. […] il codice dei contratti pubblici già persegue la finalità sottesa alla legge n. 49/2023 […]. l’articolo 3, comma 3, della Legge n. 49/2023 fa salve dalla […] nullità le clausole che prevedono l’applicazione di compensi inferiori ai minimi tabellari in quanto riproduttive di disposizioni di legge (tra cui rientrano le disposizioni comunitarie e nazionali in materia di contratti pubblici) o attuative di principi europei (tra cui il principio di concorrenza)”. Appare opportuno evidenziare, altresì, che la previsione di tariffe minime non soggette a ribasso rischia di porsi in contrasto con il diritto euro-unitario, che impone di tutelare la concorrenza […] È inoltre opportuno evidenziare che la legge n. 49/2023 è applicabile ai rapporti professionali aventi ad oggetto prestazioni d'opera intellettuale di cui all'art. 2230 del Codice civile (contratto d'opera caratterizzato dall'elemento personale nell’ambito di un lavoro autonomo) e più in generale a tutti quei rapporti contrattuali caratterizzati dalla posizione dominante del committente, in cui è necessario ripristinare l’equilibrio sinallagmatico. I contratti pubblici aventi ad oggetto la prestazione di servizi di ingegneria e architettura, invece, sono normalmente riconducibili ai contratti di appalto ex articolo 1655 del Codice civile, con cui una parte assume l’organizzazione dei mezzi necessari e la gestione a proprio rischio”. “Nel merito si ritiene utile considerare che la concorrenza sul prezzo, in ogni sua componente, rappresenta un elemento essenziale per il corretto dispiegarsi delle dinamiche concorrenziali delle gare pubbliche e che l’eventuale limitazione alle sole spese generali o all’elemento qualitativo rischierebbe di introdurre di fatto una barriera all’ingresso per gli operatori, più giovani, meno strutturati e di minore esperienza. Sotto il profilo della spesa pubblica, l’Autorità ritiene ulteriormente necessario mettere in evidenza che, ai sensi dell’articolo 13 della Legge n. 49/2023, dall’attuazione della stessa legge “non devono derivare, nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”, circostanza che, invece, si realizzerebbe in caso di gare a prezzo fisso (ANAC - Invito alla Cabina di Regia affinché si proceda con urgenza a fare chiarezza sulla questione dell’equo compenso).
Equo compenso (prima del correttivo 2024). Legge 49/23. Servizi di architettura e ingegneria. Non sono a “prezzo fisso”. Ammissibile il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, ma il ribasso non può avvenire sul compenso. Il compenso determinato dall’Amministrazione ai sensi del D.M. 17 giugno 2016 deve ritenersi non ribassabile dall’operatore economico, trattandosi di “equo compenso” il cui ribasso si risolverebbe, essenzialmente, in una proposta contrattuale volta alla conclusione di un contratto pubblico gravato da una nullità di protezione e contrastante con una norma imperativa. Nondimeno, trattandosi di una delle plurime componenti del complessivo “prezzo” quantificato dall’Amministrazione, l’operatività del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, in ragione del rapporto qualità/prezzo, è fatta salva in ragione della libertà, per l’operatore economico, di formulare la propria offerta economica ribassando le voci estranee al compenso, ossia le spese e gli oneri accessori (TAR Veneto, 3 aprile 2024, n. 632)
Bando di gara
Bando-tipo. Obbligo di uniformarsi. Riflessi processuali. Va affrontata la questione del valore dei bandi-tipo predisposti da A.n.a.c. a beneficio delle stazioni appaltanti chiamate a indire procedure di gara per l’affidamento di un particolare servizio (nel caso di specie, il servizio di pulizia in locali pubblici o aperti al pubblico). Il potere di A.n.a.c. di adottare bandi-tipo è previsto dall’art. 213, comma 2, d.lga. 18 aprile 2006, n. 50 in questi termini: “L’A.N.A.C., attraverso linee guida, bandi-tipo, capitolati-tipo, contratti-tipo ed altri strumenti di regolazione flessibile, comunque denominati, garantisce la promozione dell’efficienza, della qualità dell’attività delle stazioni appaltanti, cui fornisce supporto anche facilitando lo scambio di informazioni e la omogeneità dei procedimenti amministrativi e favorisce lo sviluppo delle migliori pratiche”. L’art. 71 d.lgs. n. 50 del 2016 precisa, poi, che: “Fatto salvo quanto previsto dagli articoli 59, comma 5, secondo periodo, e 63, tutte le procedure di scelta del contraente sono indette mediante bandi di gara. Al fine di agevolare l’attività delle stazioni appaltanti omogeneizzandone le condotte, successivamente alla adozione da parte dell’ANAC di bandi-tipo, i bandi di gara sono redatti in conformità degli stessi.”. E’ precisato, infine, nell’ultimo periodo che: “Le stazioni appaltanti nella delibera a contrarre motivano espressamente in ordine alle deroghe al bando-tipo”. Anche altre Autorità hanno il potere di definire schemi di bandi di gara (cfr. art. 37, d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214 che lo attribuisce anche all’Autorità di regolazione dei trasporti). 5.3. Senza voler approfondire la natura giuridica dei bandi-tipo (dubbia, come degli altri atti di regolazione flessibile previsti dall’art. 213, comma 2, in precedenza riportato, e, segnatamente, per le linee-giuda; cfr. per ogni approfondimento Cons. Stato, sez. I, 24 marzo 2020, n. 615), un elemento si ricava con certezza dalle disposizioni in precedenza richiamate: nel momento in cui il bando-tipo è stato adottato, esso costituisce un parametro dell’azione amministrativa delle stazioni appaltanti, nel senso che queste ultime sono tenute ad uniformarsi allo stesso, mantenendo una limitata facoltà discrezionale di deroga (in tal senso, Corte cost., 12 luglio 2013, n. 187, relativamente ai bandi-tipo previsti dall’art. 64, comma 4-bis, d.lgs. 12 aprile 2016, n. 163, ma con considerazioni valide anche in relazione ai bandi-tipo previsti dal nuovo codice dei contratti pubblici). Ne segue logicamente che il bando-tipo costituisce l’atto presupposto del successivo bando e disciplinare di gara adottato dalla stazione appaltante quante volte questa abbia riprodotto il contenuto del primo negli atti adottati. Sul piano processuale il predetto rapporto tra gli atti comporta l’onere del ricorrente di rivolgere la sua impugnazione (anche) avverso il livello di regolazione immediatamente superiore rispetto a quello avvertito come direttamente lesivo, altrimenti ottenendo una sentenza inutiliter data (in tal senso, con riferimento alle circolari ministeriali, cfr. Cons. Stato, sez. VI, 26 settembre 2018, n. 5532; III, 1°dicembre 2016, n. 5047) Va, infatti, considerato che, ottenuto l’annullamento dell’atto conseguente, ferma la validità dell’atto presupposto, l’amministrazione in sede di riesercizio del medesimo potere non potrà far altro che conformarsi nuovamente al parametro regolatorio immediatamente vincolante, non potendo ravvisare ragioni che, per la specialità del caso, ne giustifichino la deroga. Il ricorrente non avrà ottenuto alcuna utilità dallo svolgimento del giudizio. La sua azione è, dunque, inammissibile per carenza originaria dell’interesse a ricorrere (Cons. Stato,16 gennaio 2023, 526; cfr anche Cons. Stato, 17 gennaio 2023 n. 565)
Rapporti tra bando e capitolato speciale. È nel bando di gara che devono essere con precisione individuati i requisiti (di idoneità professionale e di capacità tecnica ed economica) che gli operatori economici devono possedere per l'accesso alla procedura concorrenziale (cfr. art. 83, comma 4 d. lgs. 50/16). Peraltro, l'insieme delle regole fondamentali di gara, che valgono a delineare la c.d. lex specialis della selezione, può essere ricavato anche dagli atti "allegati" al bando (capitolato speciale l'appalto e/o disciplinare di gara), sempreché - come ha, con consolidato orientamento, precisato la giurisprudenza amministrativa - nel bando sia individuato con chiarezza un criterio certo di reperimento degli stessi. Ne discende che è proprio il bando di gara a rappresentare il "documento fondamentale" del procedimento di evidenza pubblica, al quale è rimesso di individuare i necessari riferimenti e gli eventuali collegamenti agli (ulteriori, correlati e successivi) atti di gara, i quali derivano il proprio contenuto (e la propria "legittimazione" funzionale) necessariamente dal primo. È per questo che si è precisato che ognuno dei predetti atti (bando, disciplinare e capitolato) ha una propria autonomia ed una propria peculiare funzione nell'economia della procedura evidenziale, il primo fissando le regole di gara, il secondo disciplinando in particolare i dettagli procedimentali, il terzo (eventualmente) integrando le disposizioni del bando, di norma con particolare riferimento agli aspetti tecnici anche in funzione dell'assumendo vincolo contrattuale. Se ne trae il corollario di una gerarchia differenziata all'interno della complessiva documentazione di gara, che - con specifico riguardo alla risoluzione di concreti contrasti interni tra le varie disposizioni della lex specialis - impone di dare la prevalenza alle previsioni del bando, laddove le disposizioni del capitolato (o del disciplinare) possono soltanto integrare, ma non modificare le prime (Cons. Stato, V, 30 agosto 2022, n.7573).
Interpretazione del bando. Nelle gare pubbliche, ove sussista oggettiva incertezza in ordine al contenuto delle clausole del bando, va preferita l’interpretazione che agevoli la più ampia partecipazione alla procedura, in nome del principio del favor partecipationis e dell’interesse pubblico al più ampio confronto concorrenziale (Consiglio di Stato sez. IV, 14/03/2016, n.1015, in termini analoghi Cons. St., sez. III, 14 gennaio 2015, n. 58; Id., sez. V, 17 luglio 2014, n. 3777; Id., 20 settembre 2012, n. 5009). Ed invero, come anche ritenuto da dal Consiglio di Stato (Cons. Stato Sez. V, 31/10/2022, n. 9386) nelle gare pubbliche, nell’interpretazione della lex specialis di gara devono trovare applicazione le norme in materia di contratti, e dunque anzitutto i criteri letterale e sistematico previsti dagli artt. 1362 e 1363 cod. civ.. Ciò significa che ai fini dell’interpretazione della lex specialis devono essere applicate anche le regole di cui all’art. 1363 cod. civ., con la conseguenza che le clausole previste si interpretano le une per mezzo delle altre, attribuendo ad esse il senso che risulta dal complesso dell’atto. Pertanto se un’aporia tra i vari documenti costituenti la lex specialis impedisce l’interpretazione in termini strettamente letterali, è proprio la tutela dei principi dell’affidamento e della parità di trattamento tra i concorrenti che conduce all’interpretazione complessiva o sistematica delle varie clausole (Cons. Stato, 9 gennaio 2023, n. 290).
Interpretazione della lex specialis. Ai fini dell’interpretazione delle clausole di una lex specialis di gara, vanno applicate le norme in materia di contratti e anzitutto il criterio letterale e quello sistematico, ex artt. 1362 e 1363 Cod. civ., e che esclude che esse possano essere assoggettate a un procedimento ermeneutico in funzione integrativa, diretta a evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi, imponendo che la loro interpretazione fondi sul significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole utilizzate e dalla loro connessione, e che, laddove il dato testuale presenti evidenti ambiguità, debba prescegliersi, in forza del principio di favor partecipationis, il significato più favorevole al concorrente (tra tante, Cons. Stato, V, 29 novembre 2022, n. 10491; 4 ottobre 2022, n. 8481; 2 marzo 2022 n.1486; 6 agosto 2021, n. 5781; 8 aprile 2021, n. 2844; 8 gennaio 2021, n. 298; III, 24 novembre 2020, n. 7345; 15 febbraio 2021, n. 1322; VI, 6 marzo 2018, n. 1447; V, 27 maggio 2014, n. 2709). Inoltre, è vero che la stessa giurisprudenza ammette che nel bando di gara possa non essere espressamente indicata una clausola di esclusione, essa potendo emergere anche laddove il bando o l’avviso indichino in modo palese e univoco un elemento essenziale di partecipazione, la cui carenza non può che condurre all’esclusione dalla gara (Cons. Stato, 23 febbraio 2024, n. 1439)
Interpretazione del bando di gara. Interpretazione strettamente letterale. La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha costantemente affermato che: a) “Il bando, costituendo la lex specialis del concorso, deve essere interpretato in termini strettamente letterali, con la conseguenza che le regole in esso contenute vincolano rigidamente l'operato dell'amministrazione pubblica, obbligata alla loro applicazione senza alcun margine di discrezionalità, in ragione sia dei principi dell'affidamento e di tutela della parità di trattamento tra i concorrenti, che sarebbero pregiudicati ove si consentisse la modifica delle regole di gara cristallizzate nella lex specialis medesima, sia del più generale principio che vieta la disapplicazione del bando, quale atto con cui l' amministrazione si è originariamente autovincolata nell'esercizio delle potestà connesse alla conduzione della procedura selettiva.” (Cons. Stato, Sez. VI, 6 febbraio 2023, n. 1232); b) “…ai fini dell'interpretazione delle clausole di una lex specialis trovano applicazione le norme in materia di contratti e anzitutto il criterio letterale e quello sistematico, ex artt. 1362 e 1363 Cod. civ. (da ultimo, Cons. Stato, V, 2 marzo 2022 n.1486; 6 agosto 2021, n. 5781; 8 aprile 2021, n. 2844; 8 gennaio 2021, n. 298; III, 24 novembre 2020, n. 7345; 15 febbraio 2021, n. 1322): conseguentemente, le stesse clausole non possono essere assoggettate a procedimento ermeneutico in una funzione integrativa, diretta a evidenziare in esse pretesi significati impliciti o inespressi, ma vanno interpretate secondo il significato immediatamente evincibile dal tenore letterale delle parole utilizzate e dalla loro connessione; soltanto ove il dato testuale presenti evidenti ambiguità, deve essere prescelto dall' interprete il significato più favorevole al privato (Cons. Stato, VI, 6 marzo 2018, n. 1447; V, 27 maggio 2014, n. 2709).”. (Cons. Stato, Sez. V, 16 agosto 2022 n. 7145) (Cons. Stato, 20 marzo 2024, n. 2704)
La c.d. eterointegrazione opera in presenza di una (obiettiva) “lacuna” delle regole di gara (nella specie: l’ attitudine della “laurea” a concretare un idoneo “titolo” di studio, nel senso chiarito), ovvero nel caso in cui la stazione appaltante abbia omesso di inserire nella disciplina di gara elementi previsti come necessari ed obbligatori dall’ordinamento giuridico nel suo complesso (ad instar di quanto, nell’ambito dei rapporti civili, accade in forza degli artt. 1374 e 1339 c.c.): sicché il bando, nella sua portata precettiva di lex specialis della procedura, debba essere integrato, in via suppletiva, da una vincolante (e non derogabile) previsione della lex generalis. S’intende, per tal via, che l’eterointegrazione del bando – ancorché si risolva, in effetto, nella prefigurazione più ampia e comprensiva (in senso qualitativo o quantitativo) dei requisiti di accesso alla procedura di gara, rispetto al canone di (determinatezza e) autosufficienza della relativa legge speciale – non collide con il principio di (rigorosa) tassatività delle cause di esclusione (che è, di per sé, corollario dell’onere di puntuale ed esaustiva prefigurazione delle condizioni concorrenziali), proprio perché si tratta di condizioni necessarie (in ragione della attitudine non derogabile della legge) ed implicite (e, come tali, suscettibili di essere colmate, nei sensi chiariti, in via di diretta applicazione della legge generale). S’intende, ancora, che il riassunto meccanismo di eterointegrazione – nella specie, come vale ribadire, imposto dalla necessità di un valore legale del titolo di studio – non impinga (pur in presenza di una esclusione disposta in applicazione della lex generalis e non della lex specialis) nell’affidamento legittimo dei concorrenti, con il quale anzi – anche nella prospettiva dei principi di derivazione eurocomune – postula di essere contemperato (Cons. Stato, 21 agosto 2023, 7870)
Rettifica errore materiale del bando. I chiarimenti resi dalla stazione appaltante nel corso di una gara d’appalto non hanno alcun contenuto provvedimentale, non potendo costituire, per giurisprudenza consolidata, integrazione o rettifica della lex specialis di gara (Consiglio di Stato, 7 gennaio 2022, n. 64)
Autovincolo
Lex specialis. Autovincolo (I). L’amministrazione che indice una procedura selettiva è vincolata al rispetto delle previsioni della lex specialis, le cui prescrizioni risultano intangibili e non possono essere modificate o disapplicate, salvo naturalmente l’eventuale esercizio del potere di autotutela. La stazione appaltante non conserva perciò alcun margine di discrezionalità nella concreta attuazione delle prescrizioni di gara, né può disapplicarle, neppure nel caso in cui alcune di tali regole eventualmente risultino inopportunamente o incongruamente formulate, salva la possibilità di procedere all’annullamento ex officio delle stesse (ex multis, Cons. Stato, VI, 21 gennaio 2015, n. 215; V, 22 marzo 2016, n. 1173; sez. III,13 gennaio 2016, n. 74, richiamate da Cons. Stato, V 8 maggio 2019 n. 2991) (Consiglio di Stato, 31 gennaio 2023, n. 1100)
Lex specialis. Autovincolo (II). La giurisprudenza del Consiglio di Stato (C.d.S., sez. III, n. 565/2018), secondo cui “le prescrizioni dei bandi hanno carattere inderogabile e vincolano anche per l’Amministrazione che, pertanto, non può disattendere tali disposizioni, costituenti la cosiddetta lex specialis della gara o del concorso, e, anche nel caso in cui esse siano illegittime, non può disapplicarle (v., ex plurimis, Cons. St., sez. III, 1 marzo 2017, n. 963; Cons. St., sez. V, 23 giugno 2014, n. 3150; Cons. St., sez. V, 27 aprile 2011, n. 2476) non si pone in contrasto con l’orientamento giurisprudenziale che impone di preferire l’interpretazione della lex specialis maggiormente rispettosa del principio del favor partecipationis e dell’interesse al più ampio confronto concorrenziale (v., in questo senso, Cons. St., sez. IV, 14 marzo 2016, n. 1015; Cons. St., sez. III, 14 gennaio 2015, n. 58).7.2. Infatti, quest'ultimo criterio ermeneutico fa riferimento a situazioni di oggettiva incertezza delle clausole del bando, sicché quando tale circostanza non è ravvisabile il principio del favor partecipationis non può essere utilizzato per modificare surrettiziamente il contenuto della lex specialis (Consiglio di Stato, 7 febbraio 2023, n. 1299)
L’autovincolo dell’Amministrazione nel bando di gara. L’Amministrazione, quando nell’esercizio del proprio potere discrezionale decide di autovincolarsi, stabilendo le regole poste a presidio del futuro espletamento di una determinata potestà, la stessa è tenuta all’osservanza di quelle prescrizioni, con la duplice conseguenza che: a) è impedita la successiva disapplicazione; b) la violazione dell’autovincolo determina l’illegittimità delle successive determinazioni. La garanzia dell’autovincolo, nelle procedure concorsuali, è fondamentalmente finalizzata alla par condicio: conoscere in via anticipata i criteri valutativi e decisionali della commissione valutatrice, in un contesto in cui le regole di partecipazione sono chiare e predefinite, mette in condizione i concorrenti di competere lealmente su quei criteri, con relativa prevedibilità degli esiti (Consiglio di Stato, 15 febbraio 2022 n.1120)
I verbali di gara
Verbali. Omessa sottoscrizione. Da parte di taluno dei componenti la Commissione giudicatrice. Invalidità. Non si configura. La omessa sottoscrizione del verbale da parte di taluno dei componenti la Commissione di gara rientra nel genus delle irregolarità sanabili e prive di capacità viziante; in particolare, la mancanza di talune sottoscrizioni, da parte del seggio di gara e/o della Commissione giudicatrice, dei verbali di gara non ne determina l’invalidità, bensì, al più, la mera irregolarità formale, ciò in quanto l’unico requisito necessario e sufficiente ai fini del perfezionamento del verbale è la sottoscrizione del segretario verbalizzante, il quale è l’“autore giuridico” e il “garante della genuinità del verbale stesso”. Ne discende che la mancata sottoscrizione di uno dei commissari – ivi incluso il Presidente dell’organo di gara – non inficia l’esistenza e la legittimità del verbale (TAR Puglia, 6 febbraio 2023 n. 247).
Verbali di gara. L’esistenza giuridica di una deliberazione collegiale è riconducibile alla sola manifestazione di volontà dell’organo, indipendentemente dalla verbalizzazione della stessa; sono, infatti, due momenti distinti la manifestazione di volontà, che costituisce il contenuto della deliberazione, e la verbalizzazione che riproduce e documenta tale manifestazione attestandone l’esistenza, ma che, sebbene necessaria, non è determinante per la formazione della volontà dell’organo collegiale (Cons. Stato, 22 agosto 2023, n. 7914; ex multis, Cons. Stato, VI, 11 dicembre 2001, n. 6208)
Dichiarazioni
Dichiarazioni omesse e dichiarazioni false. La giurisprudenza ha chiarito, sul piano interpretativo, la differenza tra dichiarazioni omesse e false, riconducendo le due ipotesi rispettivamente nell’ambito dell’art. 80, comma 5, lett. c-bis), ovvero lett. f-bis), del sopravvenuto d.lgs. n. 50 del 2016. In particolare, Cons. Stato, Ad. Plen., 28 agosto 2020, n. 16 ha precisato che le fattispecie riconducibili nella prima previsione non consentono l’esclusione automatica dalla procedura di gara, ma impongono alla stazione appaltante di svolgere la valutazione di integrità ed affidabilità del concorrente. Al contrario, la falsità dichiarativa ha attitudine espulsiva automatica ed è predicabile rispetto ad un “dato di realtà”, ovvero ad una situazione fattuale per la quale possa porsi l’alternativa logica “vero/falso” rispetto alla quale valutare la dichiarazione resa dall’operatore (Cons. Stato, IV, 30 dicembre 2020, n. 8532): in tanto una dichiarazione che esprima tale pensiero può essere dunque ritenuta falsa in quanto la realtà cui essa si riferisce sia in rerum natura (così Cons. Stato, Ad. Plen. n. 16 del 2020 cit.). La richiamata decisione dell’Adunanza Plenaria ha dunque enunciato i seguenti principi di diritto, applicabili alla fattispecie oggetto di giudizio: "la falsità di informazioni rese dall’operatore economico partecipante a procedure di affidamento di contratti pubblici e finalizzata all’adozione dei provvedimenti di competenza della stazione appaltante concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, è riconducibile all’ipotesi prevista dalla lettera c) [ora c-bis)] dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti di cui al decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50; in conseguenza di ciò la stazione appaltante è tenuta a svolgere la valutazione di integrità e affidabilità del concorrente, ai sensi della medesima disposizione, senza alcun automatismo espulsivo; alle conseguenze ora esposte conduce anche l’omissione di informazioni dovute ai fini del corretto svolgimento della procedura di selezione, nell’ambito della quale rilevano, oltre ai casi oggetto di obblighi dichiarativi predeterminati dalla legge o dalla normativa di gara, solo quelle evidentemente incidenti sull’integrità ed affidabilità dell’operatore economico; la lettera f-bis) dell’art. 80, comma 5, del codice dei contratti pubblici ha carattere residuale e si applica in tutte le ipotesi di falso non rientranti in quelle previste dalla lettera c) [ora c-bis)] della medesima disposizione.”. La giurisprudenza amministrativa ha quindi affermato che l’omissione dichiarativa, in particolare, può rilevare solo ove possa predicarsene l’“attitudine decettiva”, ossia l’idoneità a sviare l’Amministrazione nell’adozione di provvedimenti concernenti la procedura di gara; tanto implica che, comunque, la stazione appaltante è tenuta a svolgere una previa valutazione discrezionale dell’effettiva incidenza della falsità o della omissione sull’affidabilità dell’operatore, essendole per contro impedito di procedere alla esclusione sic et simpliciter per il solo fatto della non aderenza al vero o della omissione della dichiarazione dovuta. Pertanto, soltanto ad una falsa dichiarazione (intesa come immutatio veri) potrebbe conseguire l’automatica esclusione dalla procedura di gara, mentre ogni altra condotta, omissiva o reticente, dell’operatore economico, finalizzata all’adozione di provvedimenti concernenti l’ammissione alla gara, la selezione delle offerte e l’aggiudicazione, comporta l’esclusione dell’operatore economico dalla procedura solo in forza di un apprezzamento da parte della stazione appaltante che sia di prognosi sfavorevole sull’affidabilità dello stesso: trattandosi di valutazione ampiamente discrezionale, alla sua mancanza non può ovviare il giudice amministrativo, il quale, in applicazione del divieto di pronunciarsi con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati ex art. 34, comma 4, Cod. proc. amm. e in considerazione dell’eccezionalità della giurisdizione di merito, ammessa nelle sole ipotesi tassativamente previste dalla legge, non può sostituirsi alla stazione appaltante nella valutazione di affidabilità professionale dell’operatore economico (Consiglio di Stato, Sez. V, 29 novembre 2022, n. 10504)
Dichiarazioni non veritiere. In una gara d’appalto pubblico costituisce dichiarazione reticente, e quindi incompleta, ma non falsa ai sensi dell’art. 80, comma 5, lett. f bis, D.Lgs. n. 50 del 2016, l’omessa indicazione di aver riportato una condanna per bancarotta fraudolenta di cui all’art. 216 c.p. (TAR Emilia Romagna, 8 marzo 2021 n. 208)
La risoluzione consensuale del contratto rientra negli obblighi dichiarativi. L’art. 1372 c.c. prevede che il contratto ha forza di legge tra le parti e “non può essere sciolto che per mutuo consenso”. Il mutuo dissenso costituisce non un “contro-negozio” ma una forma di risoluzione contrattuale basata su una scelta di autonomia negoziale delle parti. La fattispecie in esame si caratterizza per il fatto che le parti possono decidere di caducare il vincolo contrattuale per qualunque ragione. Nell’ambito applicativo della disposizione può, pertanto, rientrare, tra l’altro, sia la libera volontà di non proseguire la fase esecutiva del rapporto negoziale sia la sussistenza di una causa di inadempimento del contratto. Nel perimetro degli obblighi dichiarativi rientra, pertanto, anche una precedente risoluzione consensuale intervenuta con altra stazione appaltante in fase di esecuzione di una procedura di gara quante volte la stessa sia dipesa da una condotta astrattamente idonea a fare dubitare dell’integrità ed affidabilità dell’operatore economico in vista dell’affidamento dell’appalto. Lo scioglimento dal contratto è certo frutto di un accordo – e non invece di un provvedimento unilaterale dell’amministrazione – ma potrebbe essere pur sempre dovuto ad un precedente inadempimento dell’appaltatore; tale inadempimento costituisce pregressa vicenda professionale della quale la stazione appaltante deve essere edotta poiché suscettibile di far dubitare dell’affidabilità ed integrità del concorrente (Consiglio di Stato sez. IV 5/9/2022 n. 7709)
Il numero di pagine dell'offerta
Bando e lettera di invito. Prescrizione inerente al numero massimo di pagine della relazione tecnica allegata all’offerta. Casi in cui si può dar luogo alla esclusione. Sotto un profilo generale (cfr. Cons. Stato, sez. V, 27 settembre 2022, n. 8326) la prescrizione sul numero massimo delle pagine della relazione tecnica allegata all’offerta deve essere interpretata cum grano salis, e in ogni caso (nei casi in cui la regola, sempreché sia formulata in termini inequivoci, sia accompagnata da una espressa e specifica sanzione escludente) nel senso che l’eventuale eccedenza quantitativa rispetto al limite prefigurato dalla lex specialis determini, in concreto, una alterazione valutativa dell’offerta (cfr. Cons. Stato, sez. V, 21 giugno 2012, n. 3677). In tale prospettiva, il superamento del limite massimo di pagine previsto dal disciplinare di gara per la redazione dei documenti componenti l’offerta rappresenta una giusta ragione di censura del provvedimento di aggiudicazione solo se previsto a pena di esclusione dalla procedura di gara (il che non è nella vicenda in esame), e non invece nel caso in cui si preveda solamente che le pagine eccedenti non possano essere considerate dalla commissione ai fini della valutazione dell’offerta: in tale ultimo caso, infatti, il ricorrente, che intenda valorizzare la violazione, deve fornire prova – anche solo presuntiva – che la violazione si sia (non solo effettivamente, ma anche specificamente: cioè a dire con riguardo alla puntuale incidenza dello sforamento quantitativo sul margine di valutazione della proposta negoziale) tradotta in un indebito vantaggio per il concorrente a danno dell’altro (così Cons. Stato, sez. V, 5 luglio 2021 n. 5112; Id., 9 novembre 2020, n. 6857; Id., 2 ottobre 2020, n. 5777; Id., sez. III, 25 marzo 2021, n. 2516). Ciò posto – e ribadito, perciò, che l’incidenza del (marginale) superamento del (complessivo) limite quantitativo può essere criticamente apprezzato solo in quanto si sia strumentalmente risolto in una posizione di vantaggio immeritevole – va osservato che, nella specie, la lex specialis, sia pure con un margine di ambiguità, prefigurava la ‘non valutabilità’ delle pagine in eccedenza solo per il superamento del limite quantitativo riferito a ciascuno dei criteri di valutazione previsti (Cons. Stato, 18 agosto 2023, n. 7815)
Offerta. Prescrizione sul numero di pagine. Vanno richiamati, inoltre, i principi più volte affermati da questo Consiglio sui limiti dimensionali imposti alla formulazione della relazione tecnica allegata all’offerta, in base ai quali, da un lato, “la prescrizione sul numero massimo delle pagine della relazione tecnica allegata all’offerta deve essere interpretata cum grano salis” (da ultimo, Cons. Stato, Sez. V, 18 agosto 2023, n. 7815) e, dall’altro, “il ricorrente, che intenda valorizzare la violazione [del limite di pagine imposto dalla lex specialis], deve fornire prova – anche solo presuntiva – che la violazione si sia (non solo effettivamente, ma anche specificamente: cioè a dire con riguardo alla puntuale incidenza dello sforamento quantitativo sul margine di valutazione della proposta negoziale) tradotta in un indebito vantaggio per il concorrente a danno dell’altro” (Cons. Stato, sez. V, 5 luglio 2021 n. 5112; Id., 9 novembre 2020, n. 6857; Id., 2 ottobre 2020, n. 5777; Id., sez. III, 25 marzo 2021, n. 2516) (Cons. Stato, 29 dicembre 2023 n. 11371)
L'offerta tecnica
Offerta tecnica ed economica sottoscritti soltanto da uno dei componenti del raggruppamento. Non può essere ritenuta illegittima l’aggiudicazione di una gara di appalto, indetta per l’affidamento del servizio di progettazione definitiva/esecutiva, esperita in forma telematica, per il solo fatto dell’assenza della firma di uno dei due componenti del costituendo R.T.I. risultato vittorioso, negli allegati all’offerta tecnica ed economica, tenuto conto: – delle circostanze concrete della gara e del fatto che si svolge in via interamente telematica previa registrazione dei soggetti del raggruppamento; – dell’avvenuta generazione dei documenti delle rispettive offerte, tecnica ed economica, sottoscritte digitalmente dal mandante e dal mandatario – aspetti non contestati da parte ricorrente; – dell’ulteriore aspetto costituito dall’impegno, in sede di documento di offerta, nel senso che questa è irrevocabile ed impegnativa sino al termine di conclusione del procedimento così come previsto nella lex specialis, sia emerso che le suddette circostanze, nel loro complesso, costituiscono elementi idonei e sufficienti per affermare sia la riferibilità dell’offerta agli stessi presentatori sia l’effettività dell’impegno da essi assunto (TAR Calabria, 1° giugno 2023 n. 843). Nella motivazione della sentenza in rassegna, è stato ricordato che la giurisprudenza formatasi sull’argomento ha avuto modo di osservare che “In base ad un secondo orientamento, sviluppatosi in particolare in relazione alle procedure di gara telematiche, l’offerta priva di sottoscrizione sarebbe comunque ammissibile quando, in base alle circostanze concrete, la stessa risulti con assoluta certezza riconducibile e imputabile a un determinato soggetto o operatore economico (Cons. Stato, Sez. V, 21 novembre 2016, n. 4881. In questo senso: Cons. Stato, Sez. III, 28 dicembre 2020, n. 8435; Cons. Stato, Sez. V, 22 giugno 2020, n. 3973; Cons. Stato, Sez. III, 19 marzo 2020, n. 1963; Cons. Stato, 9 marzo 2020, n. 1655; T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 7 maggio 2020, n. 836; ANAC, deliberazione 15 maggio 2019, n. 420).
L'offerta economica
Offerta economica priva di firma digitale. Esclusione dell'operatore senza soccorso istruttorio. Vertendosi proprio nell’ipotesi di mancanza di sottoscrizione di offerta economica da parte di uno dei due componenti (e proprio della mandataria) di un raggruppamento non ancora costituito, come invece era espressamente richiesto dalla legge di gara a pena di esclusione, può ritenersi applicabile il consolidato orientamento di questo Consiglio per il quale l’omessa sottoscrizione con firma digitale dell’offerta – tecnica o economica – conduce all’esclusione del concorrente dalla gara in quanto la sottoscrizione dell’offerta con firma digitale non solo è volta a garantire la provenienza e l’integrità dell’offerta medesima, ma è anche diretta a vincolare il proponente al suo contenuto, assicurando la serietà, affidabilità e insostituibilità della stessa; di conseguenza, la mancanza di detta firma riveste i caratteri di essenzialità, a fronte del principio di certezza dei rapporti, e preclude l’esperibilità del soccorso istruttorio conducendo pertanto all’esclusione dalla gara. Ed invero, il Collegio condivide pienamente quanto statuito più volte dalla Sezione, secondo cui: “nelle gare pubbliche, la sottoscrizione dell’offerta da parte di tutti i soggetti, che con essa pretendono di impegnarsi nei confronti dell’Amministrazione aggiudicatrice, risponde ad imprescindibili esigenze di ordine generale di certezza sulla riconducibilità dell’offerta ai medesimi operatori e coercibilità dei relativi impegni nella successiva fase esecutiva; queste esigenze non sono soddisfatte mediante il mandato con rappresentanza conferito alla capogruppo, perché questo atto non assicura che il mandatario adempia correttamente agli obblighi gestori e di rappresentanza verso terzi assunti nei confronti delle mandanti, con il conseguente rischio che possano dunque insorgere contestazioni interne ai componenti del raggruppamento incidenti negativamente sulla fase di esecuzione del contratto; del pari, alla mancanza di sottoscrizione dell’offerta non è possibile supplire mediante il potere di soccorso istruttorio della Pubblica amministrazione, perché altrimenti si verificherebbe una lesione della par condicio tra i concorrenti alla procedura di affidamento, con la possibilità concessa a questi ultimi di sanare una carenza essenziale attinente alla volontà negoziale da manifestare in seno alla procedura nelle tassative modalità predeterminate nell’avviso pubblico (tra le tante, Consiglio di Stato sez. V, 13 febbraio 2017, n. 596)” (Cons. Stato, V, 20 dicembre 2022, n. 11091). Tale orientamento si conferma pienamente anche nelle gare telematiche, atteso che: “Nelle gare pubbliche la “sottoscrizione” dell’offerta, … si configura come lo strumento mediante il quale l’autore fa propria la dichiarazione contenuta nel documento servendo a renderne nota la paternità ed a vincolare l’autore alla manifestazione di volontà in esso contenuta; essa assolve la funzione di assicurare provenienza, serietà, affidabilità e insostituibilità dell’offerta e costituisce elemento essenziale per la sua ammissibilità, sia sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale, potendosi solo ad essa riconnettere gli effetti dell’offerta come dichiarazione di volontà volta alla costituzione di un rapporto giuridico; la sua mancanza inficia, pertanto, la validità e la ricevibilità della manifestazione di volontà contenuta nell’offerta” (Cons. Stato, V, 21 giugno 2017, n. 3042) (Consiglio di Stato, 12 dicembre 2023, 10721 – Riforma TAR Piemonte)
Offerta economica priva di firma digitale. Soccorso istruttorio. L’Amministrazione, dopo aver riscontrato l’assenza della firma digitale, ha attivato il soccorso istruttorio. Il TAR afferma che la firma digitale garantisce la data della sottoscrizione [non è vero] e la non modificabilità del documento, oltre che la provenienza di questo da colui che risulta averla apposta (ex multis, Consiglio di Stato sez. V, 17/08/2022, n. 7209). Il TAR condivide poi i principi espressi dall’orientamento giurisprudenziale, secondo il quale è possibile integrare mediante soccorso istruttorio anche un’offerta economica priva di firma digitale da rendere in una procedura telematica di selezione per l’aggiudicazione di un appalto pubblico, laddove gli atti di regolamentazione stabiliscano l’esclusione dell’operatore economico (cfr. T.A.R. Catania, Sez. I, 15 luglio 2022, n. 1911). Nel caso di specie, l’attivazione del soccorso istruttorio si è resa doverosa a tutela della par condicio competitorum. Lo svolgimento della gara tramite piattaforma telematica, in definitiva, proprio in ragione del fatto che le credenziali ottenute in fase di registrazione sono idonee a consentire il caricamento della documentazione di partecipazione, rende possibile un soccorso istruttorio che, altrimenti, andrebbe escluso (T.A.R. Puglia-Bari, 17 febbraio 2023, n. 331)
Prospetto economico non firmato digitalmente. Risultanze della piattaforma digitale che attestano l'avvenuta “sottoscrizione”. Non può ritenersi illegittima l’aggiudicazione di una gara di appalto di servizi, per il solo fatto che il concorrente risultato vittorioso abbia presentato il prospetto economico allegato all’offerta privo di firma digitale, nel caso di risultanze della piattaforma digitale che attestano la avvenuta sottoscrizione; tali risultanze, infatti, sono dotate di efficacia fide facente atteso che l’accreditamento presso la piattaforma di gara dei concorrenti è avvenuto mediante identificazione digitale, basata sui sistemi SPID, Carta di identità elettronica o Carta nazionale dei servizi, i quali, secondo la giurisprudenza dello stesso TAR Toscana (sentenza n. 15/2023), ai sensi dell’art. 65 del CAD, devono considerarsi ex lege equipollenti e sostitutivi della sottoscrizione della istanza, anche a prescindere dalle diverse indicazioni del bando (TAR Toscana, 27 febbraio 2023 n. 217)
Criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Soluzioni migliorative e varianti. Differenze. In sede di gara d’appalto e allorquando il sistema di selezione delle offerte sia basato sul criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le soluzioni migliorative si differenziano dalle varianti perché le prime possono liberamente esplicarsi in tutti gli aspetti tecnici lasciati aperti a diverse soluzioni sulla base del progetto posto a base di gara ed oggetto di valutazione delle offerte dal punto di vista tecnico, rimanendo comunque preclusa la modificabilità delle caratteristiche progettuali già stabilite dall’Amministrazione, mentre le seconde si sostanziano in modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante, mediante preventiva autorizzazione contenuta nel bando di gara e l’individuazione dei relativi requisiti minimi che segnano i limiti entro i quali l’opera proposta dal concorrente costituisce un aliud rispetto a quella prefigurata dalla Pubblica Amministrazione, pur tuttavia consentito. La proposta migliorativa consiste, in particolare, in una soluzione tecnica che, senza incidere sulla struttura, sulla funzione e sulla tipologia del progetto a base di gara, investe singole lavorazioni o singoli aspetti tecnici dell’opera, lasciati aperti a diverse soluzioni, configurandosi come integrazioni, precisazioni e migliorie che rendono il progetto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste (Cons. Stato, V, 21 settembre 2022, n. 8123)
Soccorso istruttorio
Soccorso istruttorio. Il soccorso istruttorio ha come finalità quella di consentire l'integrazione della documentazione già prodotta in gara, ma ritenuta dalla stazione appaltante incompleta o irregolare sotto un profilo formale, e non anche di consentire all'offerente di formare atti in data successiva a quella di scadenza del termine di presentazione delle offerte e deve ritenersi escluso il soccorso istruttorio in merito a “carenze strutturali” dell'offerta tecnica, giacché le rilevate lacune riflettono una carenza essenziale dell'offerta, tale da determinarne incertezza assoluta o indeterminatezza del suo contenuto e, come tali, non sono suscettive né di soccorso istruttorio ai sensi dell'art. 83, comma 9 del decreto legislativo n. 50 del 2016. Per giurisprudenza consolidata, inoltre, l'errore materiale della offerta deve essere tale da poter essere rettificato d'ufficio senza ausili esterni (TAR Campania Napoli, 9 agosto 2022 n. 5349).
Soccorso istruttorio e soccorso procedimentale. Differenze. Il soccorso procedimentale, proprio in quanto non volto ad integrare l’offerta (ma a chiarire la reale portata della stessa in relazione alla sua imputabilità al RTI), è ammesso dalla giurisprudenza anche in relazione all’offerta tecnica ed economica e quindi a maggior ragione era esperibile in relazione alla dichiarazione ex art. 48 comma 4 del Codice. Il rimedio – diverso dal “soccorso istruttorio” di cui all’art. 83 comma 9 d. lgs. 18 aprile 2016 n. 50, che non potrebbe riguardare né il profilo economico né quello tecnico dell’offerta (tra altre, Cons. Stato, III, 2 febbraio 2021, n. 1225; V, 27 gennaio 2020, n. 680, che rammenta che, nei pareri nn. 855 del 21 marzo 2016 e 782 del 22 marzo 2017 relativi allo schema del Codice degli appalti pubblici e del “correttivo” di cui al d.lgs. 56/2017 resi dalla Commissione speciale, questo Consiglio di Stato ha espressamene sottolineato, in relazione all’art. 83, l’opportunità di conservare il “soccorso procedimentale” in caso di dubbi riguardanti “gli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica”) – consiste nella possibilità di richiedere al concorrente di fornire chiarimenti volti a consentire l’interpretazione della sua offerta e a ricercare l’effettiva volontà dell’offerente, superando le eventuali ambiguità dell’offerta, ciò fermo il divieto di integrazione dell’offerta, senza attingere a fonti di conoscenza estranee alla stessa e a condizione di giungere a esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con essa assunta (Cons. Stato, III, 13 dicembre 2018, n. 7039; 3 agosto 2018, n. 4809; V, 27 aprile 2015, n. 2082; 22 ottobre 2014, n. 5196; 27 marzo 2013, n. 1487). Il Consiglio di Stato infatti nei pareri relativi allo schema del Codice degli appalti pubblici di cui al d.lgs. 50/2016 e del “correttivo” di cui al d.lgs. n. 56/2017, resi dalla Commissione speciale (n. 855 del 21 marzo 2016; n. 782 del 22 marzo 2017) ha sottolineato, in relazione all’art. 83, l’opportunità di conservare un “soccorso procedimentale”, nettamente distinto dal “soccorso istruttorio”, in virtù del quale possano essere richiesti, in caso di dubbi riguardanti “gli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica”, chiarimenti al concorrente, fermo il divieto di integrazione dell’offerta, laddove i chiarimenti valgono a chiarire la portata dell’offerta. Si tratta, in particolare, di quei chiarimenti che, per la giurisprudenza, sono ammessi, in quanto finalizzati a consentire l’interpretazione delle offerte e ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità, e a condizione di giungere a esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con esse assunte (Cons. Stato, V, 27 aprile 2015, n. 2082; 22 ottobre 2014, n. 5196; 27 marzo 2013, n. 1487). Detta interpretazione, relativa all’ammissibilità del soccorso procedimentale, volto a ricercare, alla luce dei chiarimenti richiesti, la volontà negoziale dalla stessa offerta e non ab externo o tramite la produzione di nuovi documenti, si pone del resto in linea con quanto previsto dalla Corte di Giustizia UE che, in tema di soccorso istruttorio in caso di carenze dell’offerta tecnica, ha ritenuto (nella sentenza della Sez. VIII, 10 maggio 2017, nella causa C-131/16 Archus), che una richiesta di chiarimenti non può ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione la cui comunicazione era richiesta dai documenti dell’appalto, se non nel caso in cui essi siano indispensabili per chiarimento dell’offerta o rettifica di un errore manifesto dell’offerta e sempre che non comportino modifiche tali da costituire, in realtà, una nuova offerta (Cons. Stato, 26 maggio 2023, n. 5294)
Soccorso istruttorio e soccorso procedimentale. La carenza dell’offerta economica e tecnica non può essere in alcun modo sanata attraverso il soccorso istruttorio (Consiglio di Stato, 21/03/2022 n. 2003), possibilità che in ordine a eventuali profili di carenza e inintelligibilità dell’offerta tecnica ed economica è strettamente presidiata e limitata dall’art. 83 comma 9 del D.Lgs. n. 50 del 2016, a tenore del quale il soccorso istruttorio è consentito per porre rimedio alle carenze e irregolarità delle dichiarazioni e dei documenti dei concorrenti “… con esclusione di quelle afferenti all’offerta economica e all’offerta tecnica …”, come riconosciuto pacificamente da un consolidato indirizzo giurisprudenziale, che afferma che il rimedio ha come finalità quella di consentire l’integrazione della documentazione già prodotta in gara, ma ritenuta dalla stazione appaltante incompleta o irregolare sotto un profilo formale, e non anche di consentire all’offerente di formare atti in data successiva a quella di scadenza del termine di presentazione delle offerte (Cons. Stato, V, 22 ottobre 2018, n. 6005), e che esclude il soccorso istruttorio volto a sanare carenze strutturali dell’offerta tecnica, giacché esse “riflettono una carenza essenziale dell’offerta, tale da determinarne incertezza assoluta o indeterminatezza del suo contenuto e, come tali, non sono suscettive né di soccorso istruttorio ai sensi dell’art. 83, comma 9 del D.Lgs. n. 50 del 2016 (cfr. Consiglio di Stato, sez. V , 13/02/2019 , n. 1030) né di un intervento suppletivo del giudice” (Cons. Stato, III, 19 agosto 2020, n. 5140). Infatti, ai sensi della richiamata giurisprudenza, il soccorso istruttorio ha la finalità di consentire l’integrazione della documentazione già prodotta in gara ma ritenuta dalla stazione appaltante incompleta o irregolare sotto un profilo formale, e non anche di consentire all’offerente di formare atti in data successiva a quella di scadenza del termine di presentazione delle offerte in violazione dei principi di immodificabilità e segretezza dell’offerta, di imparzialità e di par condicio delle imprese concorrenti. Per l’effetto, vanno ritenute ammissibili solo quelle integrazioni documentali che non riguardino elementi essenziali dell’offerta. 15.2. Peraltro per la giurisprudenza (ex multis Consiglio di Stato sez. V, 04/10/2022, n. 8481) sussiste la possibilità che la stazione appaltante corregga gli errori materiali inficianti l’offerta, a condizione che l’effettiva volontà negoziale dell’impresa partecipante alla gara sia individuabile in modo certo nell’offerta presentata, senza margini di opacità o ambiguità, così che si possa giungere a esiti univoci circa la portata dell’impegno ivi assunto. Il rimedio – diverso dal “soccorso istruttorio” di cui all’art. 83 comma 9 d. lgs. 18 aprile 2016 n. 50, che non potrebbe riguardare né il profilo economico né quello tecnico dell’offerta (tra altre, Cons. Stato, III, 2 febbraio 2021, n. 1225; V, 27 gennaio 2020, n. 680, che rammenta che, nei pareri nn. 855 del 21 marzo 2016 e 782 del 22 marzo 2017 relativi allo schema del Codice degli appalti pubblici e del “correttivo” di cui al d.lgs. 56/2017 resi dalla Commissione speciale, questo Consiglio di Stato ha espressamene sottolineato, in relazione all’art. 83, l’opportunità di conservare il “soccorso procedimentale” in caso di dubbi riguardanti “gli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica”) – consiste nella possibilità di richiedere al concorrente di fornire chiarimenti volti a consentire l’interpretazione della sua offerta e a ricercare l’effettiva volontà dell’offerente, superando le eventuali ambiguità dell’offerta, ciò fermo il divieto di integrazione dell’offerta, senza attingere a fonti di conoscenza estranee alla stessa e a condizione di giungere a esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con essa assunta (Cons. Stato, III, 13 dicembre 2018, n. 7039; 3 agosto 2018, n. 4809; V, 27 aprile 2015, n. 2082; 22 ottobre 2014, n. 5196; 27 marzo 2013, n. 1487). Il Consiglio di Stato infatti nei pareri relativi allo schema del Codice degli appalti pubblici di cui al d.lgs. 50/2016 e del “correttivo” di cui al d.lgs. n. 56/2017, resi dalla Commissione speciale (n. 855 del 21 marzo 2016; n. 782 del 22 marzo 2017) ha sottolineato, in relazione all’art. 83, l’opportunità di conservare un “soccorso procedimentale”, nettamente distinto dal “soccorso istruttorio”, in virtù del quale possano essere richiesti, in caso di dubbi riguardanti “gli elementi essenziali dell’offerta tecnica ed economica”, chiarimenti al concorrente, fermo il divieto di integrazione dell’offerta, laddove i chiarimenti valgono a chiarire la portata dell’offerta. Si tratta, in particolare, di quei chiarimenti che, per la giurisprudenza, sono ammessi, in quanto finalizzati a consentire l’interpretazione delle offerte e ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante alla gara, superandone le eventuali ambiguità, e a condizione di giungere a esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale con esse assunte (Cons. Stato, V, 27 aprile 2015, n. 2082; 22 ottobre 2014, n. 5196; 27 marzo 2013, n. 1487). Detta interpretazione relativa all’ammissibilità del soccorso procedimentale, volto a ricercare alla luce dei chiarimenti richiesti, la volontà negoziale dalla stessa offerta e non ab externo o tramite la produzione di nuovi documenti, si pone del resto in linea con quanto previsto dalla Corte di Giustizia UE che, in tema di soccorso istruttorio in caso di carenze dell’offerta tecnica, ha ritenuto (nella sentenza della Sez. VIII, 10 maggio 2017, nella causa C-131/16 Archus) che una richiesta di chiarimenti non può ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione la cui comunicazione era richiesta dai documenti dell’appalto, se non nel caso in cui essi siano indispensabili per chiarimento dell’offerta o rettifica di un errore manifesto dell’offerta e sempre che non comportino modifiche tali da costituire, in realtà, una nuova offerta. L’esperibilità del soccorso procedimentale, nei termini ammessi dalla giurisprudenza, deve pertanto ritenersi consentita, al di là di quanto previsto nella lex specialis di gara, in via di eterointegrazione della stessa, in presenza di un errore manifesto, laddove comunque l’effettiva volontà del partecipante sia desumibile da altri elementi dell’offerta tecnica, consentendosi in tale modo di coniugare il principio della massima partecipazione con il principio della par condicio che risulterebbe altrimenti vulnerato ove si consentisse al concorrente di integrare ex post un’offerta carente dei requisiti prescritti dalla lex specialis di gara, sia ove detti requisiti siano richiesti ai fini della stessa ammissibilità dell’offerta – dovendo l’offerta carente in tal caso essere esclusa – sia ove siano richiesti ai fini dell’attribuzione di un punteggio premiale – non potendosi al riguardo attribuire il correlativo punteggio (Cons. Stato, 9 gennaio 2023, n. 290).
Soccorso istruttorio nel nuovo codice degli appalti. Tipologie e limiti. La regola – che traduce operativamente un canone di leale cooperazione e di reciproco affidamento tra le stazioni appaltanti o gli enti concedenti e gli operatori economici (cfr. art. 1, comma 2 bis legge n. 241/1990) – ha visto riconosciuta (ed accresciuta) la sua centralità nel nuovo Codice dei contratti pubblici: il quale, per un verso, vi dedica una autonoma e più articolata disposizione (art. 101) e, per altro verso, ne amplifica l’ambito, la portata e le funzioni, superando, altresì, talune incertezze diffusamente maturate nella prassi operativa. Quand’anche si intenda dilatarne al massimo la portata (in certo modo filtrando – con non abusiva operazione esegetica, ben fondata su un ragionevole canone di ordine teleologico – l’interpretazione dell’art. 83, comma 9 del d. lgs. n. 50/2016 con la più ariosa prospettiva dischiusa, in termini solo parzialmente innovativi, dall’art. 101 del d.lgs. n. 36/2023), si dovrà, in ogni caso, puntualizzare, sotto un profilo funzionale, la necessaria distinzione tra:
a) soccorso integrativo o completivo (comma 1, lettera a)dell’art. 101 d. lgs. n. 36 cit., non difforme dall’art. 83, comma 9), che mira, in termini essenzialmente quantitativi, al recupero di carenze della c.d. documentazione amministrativa necessaria alla partecipazione alla gara (con esplicita esclusione, quindi, della documentazione inerente l’offerta, sia sotto il profilo tecnico che sotto il profilo economico), sempreché non si tratti di documenti bensì non allegati, ma acquisibili direttamente dalla stazione appaltante (in prospettiva, tramite accesso al fascicolo virtuale dell’operatore economico);
b) soccorso sanante (comma 1 lettera b), anche qui non difforme dall’art. 83, comma 9 del d. lgs. n. 50), che consente, in termini qualitativi, di rimediare ad omissioni, inesattezze od irregolarità della documentazione amministrativa (con il limite della irrecuperabilità di documentazione di incerta imputazione soggettiva, che varrebbe a rimettere in gioco domande inammissibili);
c) soccorso istruttorio in senso stretto (comma 3), che – recuperando gli spazi già progressivamente riconosciuti dalla giurisprudenza alle forme di soccorso c.d. procedimentale– abilita la stazione appaltante (o l’ente concedente) a sollecitare chiarimenti o spiegazioni sui contenuti dell’offerta tecnica e/o dell’offerta economica, finalizzati a consentirne l’esatta acquisizione e a ricercare l’effettiva volontà dell’impresa partecipante, superandone le eventuali ambiguità, a condizione di pervenire ad esiti certi circa la portata dell’impegno negoziale assunto, e fermo in ogni caso il divieto (strettamente correlato allo stringente vincolo della par condicio) di apportarvi qualunque modifica;
d) soccorso correttivo (comma 4): che, in realtà, a differenza delle altre ipotesi – rispetto alle quali si atteggia, peraltro, a fattispecie di nuovo conio, come tale insuscettibile, almeno in principio, di applicazione retroattiva – prescinde dall’iniziativa e dall’impulso della stazione appaltante o dell’ente concedente (sicché non si tratta, a rigore, di soccorso in senso stretto), abilitando direttamente il concorrente, fino al giorno di apertura delle offerte, alla rettifica di errori che ne inficino materialmente il contenuto, fermo il duplice limite formale del rispetto dell’anonimato e sostanziale della immodificabilità contenutistica.
Sotto un profilo operativo, il soccorso procede (con la evidenziata e non rilevante peculiarità del soccorso correttivo, che è oggi riconosciuto ex lege) da una (doverosa, trattandosi al solito di potere-dovere) assegnazione di un termine (ora positivamente prefigurato in misura non inferiore a cinque e non superiore a dieci giorni) entro il quale l’operatore economico può integrare o sanare (a pena di esclusione: cfr. il comma 4 dell’art. 101) la documentazione amministrativa ovvero (ma in tal caso, è il caso di soggiungere, senza automatismi espulsivi) chiarire ed illustrare, nei termini (e nei limiti) della specifica richiesta, il tenore della propria offerta. La norma si cura di precisare (offrendo, con ciò, espressa soluzione positiva a talune ipotesi già oggetto di controverso intendimento) che sono soccorribili (purché, in tal caso, documentabili con atti di data certa, anteriore al termine di presentazione delle offerte: il che conferma che si deve trattare di una omissione meramente formale e non di una originaria carenza sostanziale): a) la mancata presentazione della garanzia provvisoria; b) l’omessa allegazione del contratto di avvalimento; b) la carenza dell’impegno al conferimento, per i concorrenti partecipanti in forma di raggruppamento costituendo, del mandato collettivo speciale. In definitiva, appare evidente – con valutazione non estranea all’esatta parametrazione della vicenda in esame, sotto il profilo della prefigurazione di una direttiva esegetica tendenzialmente non restrittiva – il programmatico ampiamento dell’ambito del soccorso, fino al segno, si può nondimeno osservare, di marcare un possibile conflitto con il canone di autoresponsabilità (che in generale sollecita gli operatori economici, in virtù della postulata qualificazione professionale e del correlativo dovere di diligenza, al pieno e puntuale rispetto delle formalità procedimentali, evitando gli aggravi imposti dalla rimessione in termini: per i quali ben potrebbe prospettarsi, anche alla luce del criterio di buona fede, un forma di immeritevole abuso) (Consiglio di Stato, 21 agosto 2023 n. 7870)
Soccorso istruttorio. Non può rimediare a una carenza essenziale e strutturale dell'offerta. Non era percorribile la strada del soccorso istruttorio in quanto si trattava di elemento attinente all’offerta tecnica, né si poteva trattare di soccorso procedimentale (eccezionalmente ammesso anche per le offerte) e ciò in quanto la integrale omissione di qualsivoglia lavoro nella suddetta categoria OS9 non poteva essere suscettivo, stante l’assenza di ambiguità od incertezza (i lavori nella categoria OS9 erano infatti stati del tutto omessi), di mero chiarimento circa la volontà dell’offerente. In questo caso si sarebbe trattato in altre parole non di chiarire l’effettiva volontà del concorrente ma, piuttosto, di procedere ad una sua inammissibile integrazione. Si richiama al riguardo la giurisprudenza secondo cui, in particolare: “Come noto, secondo i consolidati approdi ermeneutici della giurisprudenza, tale istituto ben può riguardare anche la fase successiva della valutazione delle offerte, in caso di irregolarità, mancanza di dichiarazioni ed elementi dell’offerta laddove “irregolarità non essenziale” dell’offerta medesima, nel senso che la loro integrazione non viola la regola della immodificabilità della stessa (Cons. Stato, Sez. III, 11 agosto 2021, n. 5850; V, 27 marzo 2020, n. 2146; V, 4 aprile 2019, n. 2219). Il rimedio ha come finalità quella di consentire l’integrazione della documentazione già prodotta in gara, ma ritenuta dalla stazione appaltante incompleta o irregolare sotto un profilo formale, e non anche di consentire all’offerente di formare atti in data successiva a quella di scadenza del termine di presentazione delle offerte (Cons. Stato, V, 22 ottobre 2018, n. 6005). 7.7.2. Per contro, l’integrazione non è ammessa per sanare una carenza essenziale e strutturale dell’offerta, né quando la documentazione mancante sia tale da determinarne incertezza assoluta o indeterminatezza del suo contenuto ovvero riguardi un elemento essenziale presidiato dalla lex specialis con un’espressa clausola di esclusione (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 9 aprile 2019, n. 2344; sez. V, 4 aprile 2019, n. 2219; sez. V, 13 febbraio 2019, n. 1030)”. Ebbene nel caso di specie non si trattava di rimediare ad una mera irregolarità ma, piuttosto, ad una carenza essenziale e strutturale dell’offerta che ne sarebbe risultata, per effetto dell’invocato emendamento, inevitabilmente e profondamente modificata ed integrata in senso sostanziale, e tanto con conseguente violazione della par condicio competitorum. La mancata dichiarazione circa almeno un lavoro svolto nella categoria OS9 non costituiva assenza di un elemento probatorio che poteva essere acquisito in un momento successivo oppure mediante soccorso procedimentale (elemento probatorio qui costituito, se del caso, dalle attestazioni di ultimazione lavori richiesti in effetti soltanto in esito alla gara, ai sensi del paragrafo 13.2.4.), ma di una dichiarazione negoziale in senso proprio che non poteva essere omessa per le ragioni sopra partitamente evidenziate e sintetizzabili nella necessità, per la PA, di disporre sin da subito di adeguati “elementi di giudizio” che, nella specie, riguardavano la qualità e la quantità dei lavori in precedenza svolti e che avrebbero dovuto formare oggetto di punteggio premiale. Né, giova ripetere, poteva trattarsi di mera ambiguità dell’offerta in quanto la mancata indicazione di un determinato lavoro in una certa categoria di qualificazione, nonostante una positiva dichiarazione di carattere generale non poteva che essere interpretata, senza margine di incertezza alcuno, nel senso di non avere mai svolto determinate lavorazioni, negli ultimi 15 anni, nella categoria OS9. Né allo stesso modo si poteva ricorrere all’istituto della “rettifica d’ufficio”, meccanismo questo applicabile, per giurisprudenza costante, soltanto in caso di errore manifesto e immediatamente percepibile (lapsus calami). Inoltre tale errore deve essere emendabile “senza attingere a fonti di conoscenza estranee all’offerta”. Ed infatti, come chiarito dalla giurisprudenza: “la rettifica d’ufficio dell’offerta – costituendo un’operazione assai delicata, in quanto impattante sull’essenziale interesse dei concorrenti all’imparzialità della competizione – è misura che può essere adottata … solo prendendo in considerazione la manifestazione oggettiva di volontà veicolata nel singolo atto di gara ed un errore ivi emergente, sub specie di lapsus calami, nella sua immediata e manifesta evidenza materiale e grafica”. Ed ancora, prosegue la stessa giurisprudenza: “Non è invece esigibile da parte della stazione appaltante uno sforzo di ricostruzione logica dell’offerta esteso a più atti da inquadrare sinotticamente, men che meno se mediato … da una sorta di immedesimazione soggettiva dell’interprete nella prospettiva valutativa dell’operatore economico. Neppure pare ragionevole gravare l’amministrazione di un obbligo di diligenza ricostruttiva addirittura maggiore di quello che ci si aspetta e si può esigere dallo stesso concorrente nella fase di compilazione e confezionamento della sua offerta” (Cons. Stato, sez. III, 7 luglio 2022, n. 5650). In questa direzione, pertanto, non era possibile per la stazione appaltante percepire dalla suddetta chiara omissione dichiarativa (mancata indicazione di lavori nella categoria OS9) un sì manifesto errore materiale, né si sarebbe potuta gravare la stessa PA di ricostruire o meglio di recuperare atti (lavori pregressi in una determinata categoria di lavori) logicamente non in suo possesso ma soltanto del “distratto concorrente” (Cons. Stato, 9 gennaio 2025, n. 140)
Commissione giudicatrice
Attribuzione del punteggio alle offerte tecniche nelle gare d’appalto. Il Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 14 dicembre 2022, n. 16, ha affermato che nel diritto dei contratti pubblici, i commissari di gara cui è demandato il compito di esprimere una preferenza o un coefficiente numerico, quando procedono alla valutazione degli elementi qualitativi dell’offerta tecnica, possono confrontarsi tra loro in ordine a tali elementi prima di attribuire individualmente il punteggio alle offerte, purché tale confronto non si presti ad una surrettizia introduzione del principio di collegialità, con la formulazione di punteggi precostituiti ex ante, laddove tali valutazioni debbano essere, alla luce del vigente quadro regolatorio, anzitutto di natura esclusivamente individuale. Con riferimento al metodo del confronto a coppie, in particolare, l’assegnazione di punteggi tutti o in larga parte identici e non differenziati da parte dei tutti i commissari annulla l’individualità della valutazione che, anche a seguito della valutazione collegiale, in una prima fase deve necessariamente mantenere una distinguibile autonomia preferenziale nel confronto tra la singola offerta e le altre in modo da garantire l’assegnazione di coefficienti non meramente ripetitivi e il funzionamento stesso del confronto a coppie. Le valutazioni espresse dai singoli commissari, nella forma del coefficiente numerico non comparativo, possono ritenersi assorbite nella decisione collegiale finale, in assenza di una disposizione che ne imponga l’autonoma verbalizzazione, mentre per il confronto a coppie la manifestazione della preferenza deve risultare sempre, in una prima fase, individuale, nel senso sopra precisato, e in quanto tale individualmente espressa e risultante dalla verbalizzazione (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 14 dicembre 2022, n. 16) .
Commissione giudicatrice. Nell’ambito delle gare pubbliche, la mancata predeterminazione dei criteri di nomina della commissione valutatrice non vizia ex se la nomina, atteso che sebbene sia preferibile la previa incorporazione delle regole di procedura in un atto fonte della stazione appaltante, l’operato non diventa illegittimo per il sol fatto della mancata previa formalizzazione di dette regole. Occorre dimostrare che, in concreto, sono mancate le condizioni di trasparenza e competenza. L’espressione di un identico giudizio da parte di tutti i commissari non può far presumere automaticamente la sussistenza di un giudizio collegiale e precostituito (nulla quindi muta considerando che il disciplinare di gara prevedesse la valutazione delle offerte tecniche da parte dei “singoli commissari”), in quanto l’identità del punteggio bene può denotare una legittima e fisiologica evoluzione del confronto dialettico svoltosi in seno all’organo tecnico (Cons. Stato, V, 15 settembre 2022, n. 7997)
Criteri di nomina. Nell’ambito delle gare pubbliche, la mancata predeterminazione dei criteri di nomina della commissione valutatrice non vizia ex se la nomina, atteso che, sebbene sia preferibile la previa incorporazione delle regole di procedura in un atto fonte della stazione appaltante, l’operato non diventa illegittimo per il sol fatto della mancata previa formalizzazione di dette regole. Occorre dimostrare che, in concreto, sono mancate le condizioni di trasparenza e competenza (Cons. Stato, 15 settembre 2022, n. 7997)
Giudizio collegiale. L’espressione di un identico giudizio da parte di tutti i commissari non può far presumere automaticamente la sussistenza di un giudizio collegiale e precostituito (nulla quindi muta considerando che il disciplinare di gara prevedesse la valutazione delle offerte tecniche da parte dei “singoli commissari”), in quanto l’identità del punteggio bene può denotare una legittima e fisiologica evoluzione del confronto dialettico svoltosi in seno all’organo tecnico (Cons. Stato, 15 settembre 2022, n. 7997)
Commissione giudicatrice. Attribuzione del punteggio alle offerte tecniche nelle gare d’appalto. Il Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 14 dicembre 2022, n. 16, ha affermato che nel diritto dei contratti pubblici, i commissari di gara cui è demandato il compito di esprimere una preferenza o un coefficiente numerico, quando procedono alla valutazione degli elementi qualitativi dell’offerta tecnica, possono confrontarsi tra loro in ordine a tali elementi prima di attribuire individualmente il punteggio alle offerte, purché tale confronto non si presti ad una surrettizia introduzione del principio di collegialità, con la formulazione di punteggi precostituiti ex ante, laddove tali valutazioni debbano essere, alla luce del vigente quadro regolatorio, anzitutto di natura esclusivamente individuale. Con riferimento al metodo del confronto a coppie, in particolare, l’assegnazione di punteggi tutti o in larga parte identici e non differenziati da parte dei tutti i commissari annulla l’individualità della valutazione che, anche a seguito della valutazione collegiale, in una prima fase deve necessariamente mantenere una distinguibile autonomia preferenziale nel confronto tra la singola offerta e le altre in modo da garantire l’assegnazione di coefficienti non meramente ripetitivi e il funzionamento stesso del confronto a coppie. Le valutazioni espresse dai singoli commissari, nella forma del coefficiente numerico non comparativo, possono ritenersi assorbite nella decisione collegiale finale, in assenza di una disposizione che ne imponga l’autonoma verbalizzazione, mentre per il confronto a coppie la manifestazione della preferenza deve risultare sempre, in una prima fase, individuale, nel senso sopra precisato, e in quanto tale individualmente espressa e risultante dalla verbalizzazione (Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, 14 dicembre 2022, n. 16) .
Commissione giudicatrice. Attribuzione dei punteggi. L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha affermato che “le valutazioni espresse dai singoli commissari, nella forma del coefficiente numerico non comparativo, possano ritenersi assorbite nella decisione collegiale finale, in assenza di una disposizione che ne imponga l’autonoma verbalizzazione, mentre per il confronto a coppie la manifestazione della preferenza è e deve essere anzitutto in una prima fase individuale, nel senso sopra precisato, e in quanto tale individualmente espressa e risultante dalla verbalizzazione”. Tale conclusione esplicita molto chiaramente la differenza fra la disciplina del confronto a coppie e le fattispecie non sussumibili in tale schema: nel senso che solo nel primo caso è necessariamente richiesta la presenza di una prima fase relativa all’espressione dei giudizi individuali, ritualmente verbalizzati. Al di fuori da tale fattispecie la previsione dell’espressione di un unico giudizio finale, pur conseguente alla sintesi delle valutazioni individuali, non limita o vincola, tanto meno illegittimamente, l’espressione del giudizio da parte del singolo commissario (Cons. Stato, 13 dicembre 2023, n. 10738)
Commissione giudicatrice. Intervallo tra più sedute. Se è vero che il richiamato principio postula che la valutazione delle offerte tecniche ed economiche debba avvenire nel corso di una sola seduta, senza soluzione di continuità, al fine di scongiurare possibili influenze esterne, è pur vero che in presenza di particolari circostanze che oggettivamente impediscano tale adempimento il principio de quo è comunque salvaguardato in presenza di un intervallo minimo tra le sedute e di adeguate garanzie di conservazione dei plichi (ex multis, Cons. Stato, V, 24 aprile 2013, n. 2282).Nel caso in esame, è ragionevole il rilievo dell’amministrazione per cui in un procedimento, come quello in esame, con il criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, le offerte tecniche devono essere esaminate e valutate in seduta segreta, mente le buste, contenenti le offerte economiche, devono essere sempre aperte in seduta pubblica, per cui occorrono minimo due riunioni della Commissione giudicatrice (Cons. Stato, 22 agosto 2023, n. 7914)
Proposta di aggiudicazione
Proposta di aggiudicazione e aggiudicazione. Il Codice dei contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 50 del 2016, superando la distinzione tra aggiudicazione provvisoria e aggiudicazione definitiva, presente nel codice di cui al d.lgs. n. 163 del 2006, ha previsto la “aggiudicazione” quale provvedimento conclusivo della procedura di affidamento e perciò unico provvedimento impugnabile. L’aggiudicazione va disposta con apposita determinazione dell’organo competente secondo l’ordinamento della stazione appaltante ed è preceduta dalla proposta di aggiudicazione, da adottarsi da parte del seggio di gara o della commissione giudicatrice. Le questioni interpretative, in precedenza involgenti i rapporti tra aggiudicazione provvisoria e aggiudicazione definitiva, si sono tuttavia riproposte in riferimento ai rapporti fra la proposta di aggiudicazione (o fra il provvedimento di approvazione della proposta di aggiudicazione) ed il provvedimento di aggiudicazione. Le norme di riferimento sono le seguenti: – l’art. 32, comma 5, secondo cui “La stazione appaltante, previa verifica della proposta di aggiudicazione ai sensi dell’articolo 33, comma 1, provvede all’aggiudicazione”; – l’art. 33, comma 1, secondo cui “La proposta di aggiudicazione è soggetta ad approvazione dell’organo competente secondo l’ordinamento della stazione appaltante e nel rispetto dei termini dallo stesso previsti, decorrenti dal ricevimento della proposta di aggiudicazione da parte dell’organo competente”. Fermo restando che la proposta di aggiudicazione è atto endo-procedimentale prodromico al provvedimento di aggiudicazione, privo quindi di valore decisorio (Cons. Stato, V, 31 luglio 2019, n. 5428), non costituendo un provvedimento “definitivo” (Cons. Stato, V, 11 gennaio 2022, n. 200) e non essendo perciò autonomamente impugnabile (cfr. anche Cons. Stato, Ad. plen., 26 aprile 2022, n. 7), la questione controversa attiene alla qualificazione, non tanto della proposta di aggiudicazione, quanto della determinazione dell’organo competente che approva la proposta e, previa tale approvazione, provvede all’aggiudicazione (arg. ex artt. 32, comma 5, e 33, comma 1, del d.lgs. n. 50 del 2016). Orbene, quando il provvedimento adottato dall’organo competente si limita all’approvazione della proposta di aggiudicazione, demandando ad un momento successivo, l’aggiudicazione, i principi giurisprudenziali sopra detti sono riferibili anche al provvedimento di approvazione (cui è da intendersi riferito il precedente di Cons. Stato, IV, 7 ottobre 2022, n. 8216). Infatti, in tale ultima eventualità la determina di (sola) approvazione della proposta di aggiudicazione rimane interna al procedimento, che si conclude soltanto con la determina di aggiudicazione. Diversamente si deve invece ritenere quando l’organo competente della stazione appaltante, senza esplicitamente provvedere all’approvazione della proposta ovvero provvedendovi contestualmente, provveda (anche) all’aggiudicazione ai sensi dell’art. 32, comma 5, citato. Le disposizioni del Codice menzionate, infatti, non impongono alla stazione appaltante una determinata scansione, con atti separati, dei provvedimenti rispettivamente di approvazione della proposta di aggiudicazione e di aggiudicazione, di modo che non si può escludere che essi vengano assunti contestualmente in un unico atto. Parimenti, non è decisivo il rinvio che nel provvedimento di aggiudicazione venga fatto all’esito della verifica del possesso dei requisiti. Secondo la puntuale applicazione dell’art. 32, commi 5 e 7, del d.lgs. n. 50 del 2016 invero l’aggiudicazione, una volta adottata dalla stazione appaltante, previa approvazione della proposta di aggiudicazione, “diviene efficace” dopo la verifica del possesso dei requisiti. Pertanto, la verifica positiva del possesso dei requisiti, secondo il Codice dei contratti pubblici, è condizione di efficacia (non di esistenza, né di validità) del provvedimento di aggiudicazione. Tuttavia, non si può escludere che, nel caso concreto, l’organo competente della stazione appaltante, piuttosto che condizionare la sola efficacia dell’aggiudicazione alla verifica del possesso dei requisiti, rinvii all’esito di quest’ultima anche l’adozione del provvedimento di aggiudicazione (secondo una condotta prudenziale praeter legem). In definitiva, la qualificazione dei provvedimenti adottati dall’organo competente secondo l’ordinamento della stazione appaltante non va condotta in astratto, ma tenendo conto della lettera e del contenuto del singolo provvedimento (Consiglio di Stato, sez. V, 4 aprile 2023, n. 3452).
Aggiudicazione
Incompetenza del Segretario Comunale ad emettere il provvedimento di aggiudicazione. Il Segretario comunale, salvo il caso in cui sia stato nominato responsabile degli uffici e dei servizi, assumendo quindi funzioni di cui all’articolo 107, commi 2 e 3, non ha il potere di adottare l'atto di aggiudicazione. Tale incompetenza non può essere superata neanche se l'atto di aggiudicazione è stato adottato poiché il dirigente preposto si trovava in una condizione di conflitto di interesse. Infatti, sulla scorta del combinato disposto degli artt. 31, comma 3, D. Lgs. n. 50/2016 e 107, commi 2, 3, D. Lgs. n. 267/2000, spetta al dirigente del settore la competenza all’emanazione degli atti a rilevanza esterna, quando assumano valenza decisoria. Al segretario comunale, in base all’art. 97, comma 2, D. Lgs. n. 267/2000 spettano di contro “compiti di collaborazione e funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell'ente…”, salvo il caso previsto dall'art. 109, comma 2, D. Lgs. n. 267/2000, in forza del quale è possibile abbia attribuito al segretario comunale la specifica cognizione (T.A.R. Calabria, Sezione prima, Sentenza 5 ottobre 2022, n. 1653).
Sul potere di autotutela della p.a., in caso di annullamento dell’aggiudicazione non seguito dalla declaratoria di inefficacia del contratto. Qualora sia stata giudizialmente annullata l’aggiudicazione e il giudice non si sia pronunciato sulla efficacia del contratto stipulato, l’amministrazione non può rimanere inerte; infatti, se è vero che non si verifica la caducazione automatica del contratto per effetto dell’annullamento giudiziale dell’aggiudicazione, all’amministrazione tuttavia deve riconoscersi un potere di incidere unilateralmente sull’efficacia del contratto per ragioni riconducibili ai vizi della fase della evidenza pubblica. (TAR Napoli, 13 aprile 2023, n. 2254; vedi anche Cons. Stato, sez. V, 27 gennaio 2022, n.590; TAR per la Campania, sez. I, 22 luglio 2022, n. 4908)
L'accesso agli atti
Accesso agli atti di gara (I) Sussiste in capo al concorrente classificatosi al secondo posto nella graduatoria di una gara di appalto, il diritto di accedere all’intera documentazione relativa all’attività svolta dalla Commissione giudicatrice, comprensiva degli allegati ai verbali. Nessuna ragione ostativa si ravvisa in ordine a tale integrale esibizione, vigendo al contrario un obbligo di pubblicazione generalizzata degli atti di gara, compresi i verbali, le operazioni tutte e le valutazioni operate dalla commissione, in coerenza con la previsione contenuta nell’art. 29 del D.lgs 50/16 (TAR Milano, 23 gennaio 2023, n. 203)
Accesso agli atti di gara (II). L’impresa esclusa da una procedura concorsuale per l’aggiudicazione di un appalto pubblico ben può accedere nella forma più ampia agli atti del procedimento di gara, perché una volta conclusasi la procedura concorsuale i documenti prodotti dalle ditte partecipanti assumono rilevanza esterna, sia in quanto la documentazione prodotta ai fini della partecipazione ad una gara di appalto indetta dalla pubblica amministrazione esce dalla sfera esclusiva delle imprese per formare oggetto di valutazione comparativa essendo versata in un procedimento caratterizzato dai principi di concorsualità e trasparenza. (Cons. Stato, sez. VI, 7 giugno 2006, n. 3418). È vero che solo l’art. 13 d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, espressamente prevedeva la legittimazione del concorrente escluso ad accedere agli atti di gara, mentre analoga previsione non è stata poi riprodotta nel d.lgs. n. 50 del 2016, ma appare ragionevole non escludere la legittimazione del concorrente escluso oltre che per le ragioni sopra esposte circa la possibilità di esaminare l’istanza anche in chiave di accesso ex d.lgs. n. 33/2016 e ss.mm. ii., anche sotto il profilo diacronico. Sotto quest’ultimo aspetto va rilevato che, come autorevolmente è stato sostenuto, il principio di trasparenza nella sua accezione più piena comporta che, «dove un superiore pubblico interesse non imponga un momentaneo segreto, la casa dell’amministrazione dovrebbe essere di vetro» (Consiglio di Stato, sez. III del 7 dicembre 2022, n. 10761)
Accesso agli atti (III) In linea generale, va poi detto che la disposizione di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016 (c.d. Codice dei contratti pubblici), la quale si pone in termini di specialità o comunque di coerente sviluppo normativo rispetto all’art. 24 della l. n. 241 del 1990, prevede: a) al comma 5, in chiave di principio generale, che sono escluse dal diritto di accesso quelle “informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”; b) al comma 6, in termini di eccezione rispetto al predetto principio generale, che “è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”; 2.3. Va confermato, al riguardo, il costante orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cons. Stato, V, 26 ottobre 2020, n. 6463; V, 21 agosto 2020, n. 5167; V, 1° luglio 2020, n. 4220; V, 28 febbraio 2020, n. 1451; V, 7 gennaio 2020, n. 64) secondo cui la ratio della norma consiste nell’escludere dall’accesso quella parte dell’offerta strettamente afferente al know how del singolo concorrente, vale a dire l’insieme del “saper fare” costituito, in particolare, dalle competenze e dalle esperienze maturate nel tempo che consentono, al concorrente medesimo, di essere altamente competitivo nel mercato di riferimento. Quel che occorre evitare, in altre parole, è un “uso emulativo” del diritto di accesso finalizzato, ossia, unicamente a “giovarsi di specifiche conoscenze industriali o commerciali acquisite e detenute da altri”. Ciò anche in considerazione del fatto che la partecipazione ai pubblici appalti non deve tramutarsi in una ingiusta forma di penalizzazione per il soggetto che, risolvendosi in tal senso, correrebbe altrimenti il rischio di assistere alla indiscriminata divulgazione di propri segreti di carattere industriale e commerciale. Condizione di operatività di siffatta esclusione dall’accesso agli atti è data dalla “motivata e comprovata dichiarazione” da parte del concorrente interessato a far valere il suddetto segreto tecnico o commerciale; la stessa peraltro non opera laddove altro concorrente “dimostri che l’ostensione documentale è finalizzata alla difesa in giudizio dei propri interessi” (c.d. accesso difensivo); In quest’ultima direzione “è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti” quanto, piuttosto, la “stretta indispensabilità” della ridetta documentazione per apprestare determinate difese all’interno di in uno specifico giudizio. La valutazione di “stretta indispensabilità”, in altre parole, costituisce il criterio che regola il rapporto tra accesso difensivo e tutela della segretezza industriale e commerciale. Una simile valutazione va effettuata in concreto e verte, in particolare, “sull’accertamento dell’eventuale nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate”. Come poi affermato da Cons Stato, Ad. plen. n. 4 del 18 marzo 2021, in materia di accesso difensivo ai sensi dell’art. 24, comma 7, della l. n. 241 del 1990, deve però escludersi che sia sufficiente fare generico riferimento, nell’istanza di accesso, a non meglio precisate esigenze probatorie e difensive, siano esse riferite a un processo già pendente oppure ancora instaurando, laddove l’ostensione del documento richiesto dovrà comunque passare attraverso un rigoroso e motivato vaglio sul nesso di strumentalità necessaria tra la documentazione richiesta e la situazione finale che l’istante intende curare o tutelare. Trova quindi conferma la tesi di maggior rigore secondo cui deve esservi un giudizio di stretto collegamento (o nesso di strumentalità necessaria) tra documentazione richiesta e situazione finale controversa.: la parte interessata, in tale ottica, dovrebbe allora onerarsi di dimostrare in modo intelligibile il collegamento necessario fra la documentazione richiesta e le proprie difese. E tanto, come evidenziato in diverse occasioni dalla giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. Stato, IV, 14 maggio 2014, n. 2472), attraverso una sia pur minima indicazione delle “deduzioni difensive potenzialmente esplicabili”. In questo quadro l’onere della prova del suddetto nesso di strumentalità incombe – secondo il consueto criterio di riparto – su colui che agisce, ossia sul ricorrente (in sede procedimentale, il richiedente l’accesso agli atti). In assenza di tale dimostrazione circa la “stretta indispensabilità” della richiesta documentazione, la domanda di accesso finisce per tradursi nel tentativo “meramente esplorativo” di conoscere tutta la documentazione versata agli atti di gara, come tale inammissibile" (Consiglio di Stato, 24 gennaio 2023 n. 787)
Accesso civico generalizzato ed esecuzione dei contratti pubblici. La disciplina dell’accesso civico generalizzato, fermi i divieti temporanei o assoluti di cui all’art. 53 del d.lgs. n. 50 del 2016, è applicabile anche agli atti delle procedure di gara, ed in particolare all’esecuzione dei contratti pubblici (nel cui contesto si colloca la fase del collaudo, alla quale pertiene la documentazione di cui l’appellante ha chiesto l’ostensione), ma deve essere verificata la compatibilità di tale forma di accesso con le eccezioni enucleate dall’art. 5-bis, commi 1 e 2, dello stesso d.lgs. n. 33 del 2013, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, previsti da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza (Cons. Stato, Adunanza Plenaria, 2 aprile 2020, n. 10) (Cons. Stato, 3 novembre 2022 n. 9567)
Diritto di accesso alla busta amministrativa. Illegittimo il differimento. E’ illegittimo il provvedimento con il quale la stazione appaltante ha disposto il differimento del diritto di accesso agli atti di una gara di appalto, motivato con riferimento al fatto che, sino all’aggiudicazione è necessario rispettare il principio di segretezza delle offerte tecnico-economiche, nel caso di istanza ostensiva tendente ad ottenere copia della sola documentazione amministrativa. Il differimento si appalesa illegittimo, concernendo gli atti relativi alla documentazione amministrativa, prodotta dai concorrenti in gara ai fini della loro ammissione alla procedura de qua. Si tratta, infatti, di documenti che attengono ai requisiti di idoneità professionale dei partecipanti alla gara, la cui diffusione non comporta alcuna rivelazione o utilizzazione di segreti d’ufficio. La giurisprudenza amministrativa, cui aderisce anche il TAR, ha precisato l’ambito di applicazione della sopra citata norma, in particolare rilevando che il differimento dell’accesso “in relazione alle offerte fino all’aggiudicazione” concerne esclusivamente il “contenuto delle offerte, ed è chiaramente posta a presidio della segretezza delle offerte tecnico-economiche, ma non impedisce l’accesso alla documentazione amministrativa contenuta normalmente nella busta A, relativa ai requisiti soggettivi dei concorrenti” (cfr. TAR Bari, Sez. I, 30 novembre 2018, n. 1549; TAR Lazio, 25 luglio 2017, n. 8944; TAR Veneto, 26 maggio 2017, n. 512) (TAR Puglia, U 3 marzo 2023 n. 314).
Diritto di accesso all'offerta tecnica. La giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che l'art. 53, comma 6, del d.lgs 50/16, con tratti di specialità rispetto alla disciplina generale, per la quale l’accesso può essere esercitato dalla parte interessata a prescindere dalla pendenza o dalla proponibilità di un rimedio giurisdizionale, introduce, nello specifico campo degli appalti pubblici, una speciale figura di accesso c.d. “difensivo” che prevale sulle contrapposte esigenze di tutela del segreto tecnico e commerciale laddove l’accesso sia azionato in vista della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto nell’ambito della quale viene formulata la richiesta di accesso (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 28/7/2016, n. 3431), tanto più se l’opposizione della controinteressata non ha il carattere di una motivata e comprovata dichiarazione che dimostri l’effettiva sussistenza di uno specifico segreto industriale o commerciale meritevole di salvaguardia (cfr. Consiglio di Stato, sez. III, ord. 30/7/2021, n. 5620). E’ illegittimo pertanto il provvedimento con il quale la P.A. appaltante ha opposto un diniego in ordine ad una istanza ostensiva tendente ad ottenere copia dell’offerta tecnica presentata dall’aggiudicatario e, in particolare, ad accedere alle informazioni fornite dalla ditta vittoriosa, contenute nella medesima offerta tecnica, che sia motivato con generico riferimento al fatto che dette informazioni costituiscono il know-how aziendale e pertanto coperte da segreto tecnico/commerciale. Tale giustificazione può dirsi infatti generica, non emergendo persuasivi elementi dimostrativi (avuto anche riguardo alla natura del servizio in questione) dell’effettiva esistenza di comprovate esigenze di salvaguardia di segreti industriali e commerciali (TAR Basilicata, 27 febbraio 2023 n. 127)
Diritto di accesso all'offerta tecnica. E’ illegittimo il provvedimento con il quale la P.A. appaltante ha opposto un diniego in ordine ad una istanza ostensiva tendente ad ottenere copia dell’offerta tecnica presentata dall’aggiudicatario e, in particolare, ad accedere alle informazioni fornite dalla ditta vittoriosa, contenute nella medesima offerta tecnica, che sia motivato con generico riferimento al fatto che dette informazioni e, in particolare i curricula dei professionisti in gara contengono dati sensibili e, in ogni caso, costituiscono il know-how aziendale e pertanto coperte da segreto tecnico/commerciale. La sussistenza del segreto tecnico o commerciale, tale da escludere il diritto all’accesso, anche nel caso di accesso a curricula professionali, deve essere motivata e comprovata, tenuto conto che l’art. 53 comma 6 del D.Lgs. 50/2016 riconosce preponderanza e prevalenza alle esigenze conoscitive del soggetto che ha richiesto l’accesso (TAR Bologna, 17 aprile 2023 n. 222)
Segreti tecnici o commerciali. Accesso consentito solo se strettamente indispensabile per la difesa in giudizio. L’art. 53, comma 5, lett. a) D. Lgs. n. 50/2016 dispone l’esclusione e il divieto di ogni forma di divulgazione delle “informazioni fornite nell’ambito dell’offerta o a giustificazione della medesima che costituiscano, secondo motivata e comprovata dichiarazione dell’offerente, segreti tecnici o commerciali”, mentre a mente del successivo comma 6 “in relazione all’ipotesi di cui al comma 5, lettera a), è consentito l’accesso al concorrente ai fini della difesa in giudizio dei propri interessi in relazione alla procedura di affidamento del contratto”; secondo condivisibile giurisprudenza, pertanto, “ne consegue che, al fine di esercitare il diritto di accesso riguardo a informazioni contenenti eventuali segreti tecnici o commerciali, è essenziale dimostrare non già un generico interesse alla tutela dei propri interessi giuridicamente rilevanti, ma la concreta necessità (da riguardarsi, restrittivamente, in termini di stretta indispensabilità) di utilizzo della documentazione in uno specifico giudizio” (Consiglio di Stato, Sez. III, 13 luglio 2021, n. 5290)" (Tar Calabria, 28 aprile 2023, n. 675)
Accessibile la relazione del RUP sul conto finale. In tema di diritto di accesso agli atti della P.A. e, in particolare, alla relazione del RUP, avente ad oggetto il conto finale relativo allo stato di consistenza delle opere pubbliche realizzate ed alla relativa contabilità (c.d. Relazione riservata 2016 del RUP), deve ritenersi che: a) l’art. 202, comma 2, del DPR n. 207 del 2010 prevedeva in effetti una certa esclusione dall’accesso di simili relazioni; b) il suddetto art. 202 è stato tuttavia abrogato dal decreto legislativo n. 50 del 2016 il cui art. 53, comma 4, lettera c) prevede ora, tra gli atti oggetto di esclusione dall’accesso, le “relazioni riservate del direttore dei lavori, del direttore dell’esecuzione e dell’organo di collaudo sulle domande e sulle riserve del soggetto esecutore del contratto”; tra questi non figurano, altresì, le relazioni riservate del RUP; c) dunque, in applicazione del principio secondo cui “Le ipotesi di esclusione del diritto di accesso hanno, invero, natura eccezionale e come tali sono di stretta interpretazione e non suscettibili di essere applicate analogicamente”, va da sé che la citata previsione codicistica [art. 53, comma 4, lettera c)] non potrebbe giammai essere estensivamente applicata anche alle relazioni del RUP (figura questa ivi non espressamente contemplata) ( Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 13 ottobre 2022, n. 8745)
Accesso difensivo. L'interesse va verificato in concreto. L'opponente intende tutelare il proprio know how, vale a dire l’insieme del “saper fare” costituito, in particolare, dalle competenze e dalle esperienze maturate nel tempo che consentono, al concorrente medesimo, di essere altamente competitivo nel mercato di riferimento (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24.1.2023, n. 787; in senso analogo Cons. Stato, V, 26 ottobre 2020, n. 6463; V, 21 agosto 2020, n. 5167; V, 1° luglio 2020, n. 4220; V, 28 febbraio 2020, n. 1451; V, 7 gennaio 2020, n. 64). Per pacifica giurisprudenza risulta necessario accertare l’effettiva sussistenza o meno del nesso di strumentalità esistente tra la documentazione oggetto dell’istanza di accesso e le censure formulate, con la conseguenza che l’onere della prova del suddetto nesso di strumentalità incombe, secondo il consueto criterio di riparto dell’onere della prova, su chi chiede l'ostensione. L’interesse difensivo all’accesso agli atti di gara va, dunque, verificato in concreto» (Consiglio di Stato, sez. V, 14.1.2022, n. 263). L’«accesso indiscriminato sulla sola base della previsione dell’art. 53, comma 6, del d.lgs. n. 50 del 2016, rischierebbe di trasformare il diritto di accesso in un espediente meramente “esplorativo”» (cfr., da ultimo, Cons. Stato, sez. V, 11.07.2023, n. 6773) (Consiglio di Stato, Ordinanza 31 agosto 2023, n. 3618)
Documentazione per la stipula
Termine per l'invio della documentazione necessaria per la stipula del contratto. Anche nel vigore del codice attuale e, pur in mancanza di espressa previsione nella lex specialis, è consentito alla stazione appaltante imporre un termine perentorio per l’invio della documentazione necessaria ai fini della stipula del contratto d’appalto, rendendosi anzi necessario ad evitare l’indefinito protrarsi della fase evidenziale precedente; il principio vale a maggior ragione nel caso in cui la fissazione di un termine è stabilita dalla legge di gara (Cons. Stato, 11 ottobre 2022 n. 8685)
Stipula
Rifiuto della P.A. di stipulare il contratto di appalto. Risarcimento del danno. Può essere accolta la domanda di risarcimento del danno, avanzata nei confronti dell’Amministrazione, dal concorrente risultato aggiudicatario di una gara di appalto di lavori, nel caso in cui, nonostante che la ditta interessata abbia trasmesso alla stazione appaltante, in tempo utile, tutta la documentazione necessaria per la stipula dell’accordo negoziale, la P.A., a fronte di ripetuti solleciti, sia rimasta inerte, e, sostanzialmente, si sia definitivamente rifiutata di stipulare il contratto di appalto e di consegnare i lavori (TAR Calabria, 6 marzo 2023 n. 314)
Forma scritta
Proposta e accezione. Per la valida stipulazione dei contratti della P.A., anche diversi da quelli conclusi a trattativa privata con ditte commerciali, il requisito della forma scritta "ad substantiam" non richiede necessariamente la redazione di un unico documento, sottoscritto contestualmente dalle parti, poiché l'art. 17 del r.d. n. 2440 del 1923 contempla ulteriori ipotesi in cui il vincolo contrattuale si forma mediante l'incontro di dichiarazioni scritte, manifestate separatamente, che per l'amministrazione possono assumere anche la forma dell'atto amministrativo. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto compatibile con il citato art. 17 il modello di formazione del vincolo contrattuale in cui l'istanza del privato, tesa ad ottenere un provvedimento amministrativo, incorporava la disciplina del rapporto negoziale paritario ad esso accessivo, atteggiandosi così a proposta negoziale, accettata dall'Amministrazione mediante il rilascio del medesimo provvedimento richiesto) (Cassazione, Sezioni Unite, 25 marzo 2022, n. 9775 – N.B. In senso opposto: Cassazione 18904/20)
Forma scritta a pena di nullità (I) Le sezioni comunali della Unione italiana di tiro a segno sono enti pubblici non economici, avendo conservato tale qualifica anche dopo il riordino degli enti pubblici previsto dalla l. n. 70 del 1975; ne consegue che per i contratti d'opera professionale da queste stipulati è richiesto il rispetto della forma scritta. (Cassazione civ., 9 dicembre 2021, n. 39039)
Forma scritta a pena di nullità (II). Poiché i consorzi di sviluppo industriale, costituiti ai sensi della legislazione nazionale e regionale, sono enti pubblici economici in ragione della natura imprenditoriale dell’attività svolta nel settore privato agli stessi non è applicabile la normativa sulla forma dei contratti di cui agli articoli 16 e 17 del r.d. n. 2440 del 1923 per la Pubblica Amministrazione sicché per la stipula dei loro contratti non è imposta la forma scritta "ad substantiam" ma vige, al contrario, il principio generale della libertà della forme di manifestazione della volontà negoziale. (Cassazione civ., 3 dicembre 2021, n. 38321)
Forma scritta pena di nullità (III). Rappresenta orami un principio consolidato quello secondo cui, in tema di contratti degli enti pubblici, stante il requisito della forma scritta imposto a pena di nullità per la stipulazione di tali contratti, la volontà degli enti predetti dev'essere desunta esclusivamente dal contenuto dell'atto, interpretato secondo i canoni ermeneutici di cui agli artt. 1362 e ss. c.c., non potendosi fare ricorso alle deliberazioni degli organi competenti, le quali, essendo atti estranei al documento contrattuale, assumono rilievo ai soli fini del procedimento di formazione della volontà, attenendo alla fase preparatoria del negozio e risultando pertanto prive di valore interpretativo o ricognitivo delle clausole negoziali, a meno che non siano espressamente richiamate dalle parti. In particolare, i contratti stipulati con la P.A., pure se questa agisca iure privatorum, devono essere redatti, a pena di nullità, in forma scritta. L'osservanza di detto requisito richiede la redazione di un atto recante la sottoscrizione del professionista e dell'organo dell'ente legittimato ad esprimerne la volontà all'esterno, nonché l'indicazione dell'oggetto della prestazione e l'entità del compenso, dovendo escludersi che, ai fini della validità del contratto, la sua sussistenza possa ricavarsi da altri atti, quale la delibera dell'organo collegiale dell'ente che abbia autorizzato il conferimento dell'incarico. Il contratto mancante del succitato requisito è nullo e non è suscettibile di alcuna forma di sanatoria, sotto nessun profilo, poiché gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili con comportamenti concludenti. (Cassazione civ., 25 febbraio 2022, n. 6351)
Forma scritta. Conseguenze. La Corte di Cassazione ha costantemente affermato il principio per cui i contratti della pubblica Amministrazione, anche qualora la stessa agisca iure privatorum, sono assoggettati al requisito dell'adozione della forma scritta ad substantiam, quale espressione dei principi costituzionali di buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione e garanzia del regolare svolgimento dell'attività amministrativa di cui all'art. 97 Cost. (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 14099 del 27/07/2004), in quanto solo tale forma consente di identificare con precisione l'obbligazione assunta e l'effettivo contenuto negoziale dell'atto, agevolando l'esercizio dei controlli, e risponde all'esigenza di tutela delle risorse degli enti pubblici contro il pericolo di impegni finanziari assunti senza l'adeguata copertura e senza la valutazione dell'entità delle obbligazioni da adempiere (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6555 del 20/03/2014). Tale vincolo discende anche dal disposto di cui del R.D. n. 2440 del 1923, artt. 16 e 17, e comporta anzi che il requisito formale viene ad operare pure per le eventuali, successive modificazioni che le parti intendano apportare al contratto stipulato in precedenza (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8539 del 14/04/2011; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8621 del 12/04/2006), avendo la Corte affermato che il difetto del requisito della forma scritta porta ad escludere la sussistenza di un contratto, configurandosi, invero, un comportamento di fatto privo di rilievi di sorta sul piano giuridico per l'assenza in radice dell'accordo tra le parti, richiesto dall'art. 1321 c.c. (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 20033 del 06/10/2016; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 15197 del 24/11/2000). Nei numerosi precedenti nei quali si è occupata dello specifico tema del conferimento di incarico professionale da parte della P.A. la Corte ha ribadito che per la valida conclusione del contratto si rende necessaria, a pena di nullità dell'intesa, la redazione di un apposito documento, recante la sottoscrizione del professionista e del titolare dell'organo attributario del potere di rappresentare l'ente interessato nei confronti dei terzi, nonché l'indicazione dell'oggetto della prestazione e l'entità del compenso, ed ha escluso che il contratto mancante della forma scritta sia suscettibile di sanatoria poiché gli atti negoziali della P.A. constano di manifestazioni formali di volontà, non surrogabili né con comportamenti concludenti né con l'adozione di una Delibera a contrarre, atteso che questa, benché sottoscritta dall'organo rappresentativo medesimo, resta un atto interno che l'ente può revocare ad nutum (Cass. Sez. 2 - Ordinanza n. 27910 del 31/10/2018; Cass. Sez. 2 - Ordinanza n. 11465 del 15/06/2020; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7962 del 21/05/2003; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 13628 del 05/11/2001), e che in relazione ad essa viene a porsi anche l'ulteriore profilo del rispetto delle previsioni in tema di assunzione del relativo impegno di spesa (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 6555 del 20/03/2014) (Cass. Civ, 27 aprile 2023, n. 11177)
Forma scritta. Non è necessario un unico documento. Ai fini della valida stipulazione di contratti con la PA, anche diversi da quelli conclusi a trattativa privata con ditte commerciali, il requisito della forma scritta ad substantiam non postula necessariamente la redazione di un unico documento sottoscritto contestualmente dalle parti, potendosi il vincolo contrattuale formare in ragione di una serie di dichiarazioni scritte e manifestate separatamente, soprattutto quando – come nel caso di custodia di veicoli sottoposti a sequestro amministrativo – la legge fornisce indicazioni sugli obblighi delle parti (Cass. Civ., 3 maggio 2023, n. 11512)
Collegamento negoziale. Forma scritta. Nel caso di collegamento negoziale tra un contratto per il quale sia richiesta la forma scritta "ad substantiam" (nella specie, un appalto pubblico) ed uno a forma libera (nella specie, un contratto di subappalto privatistico), deve ritenersi necessario che anche il secondo negozio rivesta la forma prescritta per la validità del primo, sebbene non occorra che il requisito della forma scritta sia assicurato in un unico contesto, ben potendo la volontà negoziale esprimersi in diversi documenti o negozi, dovendo comunque assicurarsi che tutte le obbligazioni che formano il sinallagma siano documentate per iscritto (Cass. Civ, 19 marzo 2024, n. 7323)
Sottoscrizione
Mancata sottoscrizione del contratto. E’ legittimo il provvedimento con il quale la P.A. appaltante ha revocato in autotutela l’aggiudicazione di una gara, che sia motivato con riferimento al sostanziale, ripetuto ed ingiustificato rifiuto della ditta risultata vittoriosa di stipulare il contratto di appalto; i sopravvenuti motivi di pubblico interesse che giustificano l’adozione del provvedimento di revoca ben possono rientrare anche nei comportamenti scorretti dell’aggiudicatario che si siano manifestati successivamente all’aggiudicazione definitiva. In detti casi la revoca assume quella particolare connotazione di revoca-sanzione, poiché la caducazione degli effetti del provvedimento è giustificata da condotte scorrette del privato beneficiario di precedente provvedimento favorevole della P.A.; tuttavia si tratta pur sempre di motivi di pubblico interesse, successivi al provvedimento favorevole (o successivamente conosciuti dalla stazione appaltante, e per questo sopravvenuti) che giustificano la revoca. Nell’ambito di una procedura ad evidenza pubblica, il rifiuto di stipulare il contratto di concessione di un pubblico servizio è un elemento che può giustificare la revoca dell’aggiudicazione per superiori motivi d’interesse pubblico, essendo forte di un pregiudizio economico e patrimoniale per l’amministrazione pubblica (TAR Puglia, 7 marzo 2022 n. 379)
Revoca per mancata sottoscrizione del contratto. E’ legittima la esclusione dalla gara e la contestuale escussione della polizza fideiussoria disposta dalla P.A. appaltante nei confronti dell’aggiudicatario di una gara, che sia motivata con riferimento all’ingiustificato rifiuto della ditta interessata di stipulare il contratto, a nulla rilevando la circostanza che il rifiuto opposto dall’appaltatore sia motivato con riferimento a pregressi rapporti conflittuali tra P.A. e aggiudicatario e, in particolare, a pregressi inadempimenti del Comune nel pagamento di somme contrattualmente spettanti per il passato. L’incameramento è conseguenza automatica del provvedimento di esclusione, e, come tale, non suscettibile di valutazioni discrezionali da parte dell’amministrazione in relazione ai singoli casi concreti, in particolare, è insensibile ad eventuali valutazioni volte ad evidenziare la non imputabilità a colpa della violazione che abbia dato causa all’esclusione. Il riferimento posto dalla norma ad “ogni fatto” riconducibile all’affidatario, chiarisce che qualsiasi circostanza, e quindi anche il rifiuto, rientra nel campo di applicazione della disposizione di cui all’art. 93 del Codice dei contratti pubblici. Nessuna norma ed alcun principio giustificano la mancata sottoscrizione del contratto a causa di pregressi rapporti conflittuali tra stazione appaltante ed operatore economico, nemmeno qualora fosse acclarata, cosa che comunque non può essere accertato nella presente sede, una condotta vessatoria della prima nei confronti del secondo (TAR Calabria, 12 luglio 2022, n. 1247)
Interpretazione del contratto
Interpretazione del contratto. Comportamento delle parti. In tema di interpretazione del contratto, il comportamento complessivo delle parti non costituisce un canone sussidiario, ma un parametro necessario e indefettibile, essendo le disposizioni degli artt. 1362, comma 1, 1363 e 1362, comma 2, c.c., fondate sulla stessa logica che, esprimendo l'intrinseca insufficienza della singola parola (e del suo formale significato: come, in diverso campo ed in diversa misura, segnala l'art. 12, comma 1, delle preleggi), prescrive la più ampia dilatazione degli elementi di interpretazione, sebbene la censura in sede di legittimità dell'interpretazione di una clausola contrattuale offerta dal giudice di merito imponga al ricorrente l'onere di fornire, con formale autosufficienza, gli elementi alla complessiva unitarietà del testo e del comportamento non adeguatamente considerati dal giudice di merito, nella loro materiale consistenza e nella loro processuale rilevanza (Cass. Civile, 12 dicembre 2023, n. 34687. Riferimenti normativi: Cod. Civ. art. 1362, Cod. Civ. art. 1363, Cod. Proc. Civ. art. 366 - Massime precedenti Vedi: N. 6935 del 1983 Rv. 431604 - 01, N. 6233 del 2004)
Rinnovo
Rinnovo del contratto e rimodulazione dell’importo posto a base di gara. Al rinnovo di ogni appalto, è fisiologica la rimodulazione dell’importo posto a base di gara, delle caratteristiche proprie del servizio e delle professionalità addette, delle strutture considerate e dell’entità di copertura del servizio. Invero, è insita nella stessa ratio del modello organizzativo maggiormente flessibile del contract out (ossia dell’affidamento esterno in appalto), rispetto al modello tendenzialmente rigido del contract in (ossia dell’assunzione interna di dipendenti), l’intrinseca variabilità della consistenza dell’appalto di volta in volta riaffidato con distinte gare che si succedono nel tempo. Ragion per cui, ad ogni affidamento segue un diverso contratto tra le parti, che può aver punti di continuità o di cesura rispetto al precedente affidamento, a seconda delle esigenze dell’amministrazione che indice la gara ad evidenza pubblica. V’è sempre un nuovo affidamento sia nel caso di aggiudicazione ad operatore economico diverso da quello c.d. uscente, sia nell’ipotesi di affidamento all’operatore economico uscente, perché diverso è il contratto di appalto che, all’esito del procedimento di evidenza pubblica, sarà stipulato dalle parti. E difatti, una volta portato a scadenza un precedente affidamento, l’operatore economico c.d. uscente si ritrova, ai fini della partecipazione alla gara, nella stessa identica situazione degli altri potenziali operatori economici concorrenti (c.d. par condicio) e deve potersi meglio determinare nel modo più conveniente per riuscire ad aggiudicarsi il nuovo contratto (TAR Puglia,10 marzo 2022, n. 366)
Contratti di locazione conclusi dalla pubblica amministrazione. Rinnovo automatico. Ai contratti di locazione di immobili adibiti ad uso diverso da quello di abitazione, anche se stipulati dallo Stato o da altri enti pubblici territoriali in qualità di locatori, è applicabile la disciplina dettata dagli artt. 28 e 29 della l. n. 392 del 1978, in quanto in base a tali norme, a differenza dell'ipotesi regolata dall'art. 1597 c.c., la protrazione del rapporto, anche alle scadenze successive alla prima, non costituisce l'effetto di una tacita manifestazione di volontà - successiva alla stipulazione del contratto e presunta in virtù di un comportamento concludente - ma deriva direttamente dalla legge; ne consegue che il contratto dovrà intendersi automaticamente rinnovato in mancanza di tempestiva disdetta, la quale inoltre, alla prima scadenza, potrà ritenersi idonea a impedire la rinnovazione solo se esercitata per uno dei motivi di cui all'art. 29 con le modalità e i termini ivi previsti. (Nella specie la S.C. ha cassato la sentenza impugnata che, in ragione della natura pubblica dell'ente locatore, aveva escluso la rinnovazione automatica del contratto di locazione ed ha dichiarato la nullità per contrasto con norma imperativa della clausola che prevedeva l'obbligo per la parte privata di restituzione dell'immobile alla scadenza dei nove anni) (Corte Cass, 5 dicembre 2023, n. 34010 - Riferimenti normativi: Legge 27/07/1978 num. 392 art. 28, Legge 27/07/1978 num. 392 art. 29 CORTE COST., Cod. Civ. art. 1597, Cod. Civ. art. 1419 Massime precedenti Vedi: N. 9759 del 2023 Rv. 667570 - 01, N. 19410 del 2016)
Proroga tecnica
Proroga tecnica. Limiti. La cd. “proroga tecnica” – istituto volto ad assicurare che, nelle more dello svolgimento di una gara per il nuovo affidamento di un servizio, l’erogazione dello stesso non subisca soluzioni di continuità – rappresenta un’ipotesi del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali (tra le tante, Consiglio di Stato sez. V, 23 settembre 2019, n. 6326). Essa è ammessa solo nei casi eccezionali in cui, per ragioni oggettive estranee all’Amministrazione, vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento di un nuovo contraente. In questo caso, non di fatti eccezionali si è trattato bensì di difficoltà, che non potevano in ogni caso legittimare il ricorso alle numerose proroghe che sono state decise. Sotto questo profilo il ricorso è fondato e la sentenza deve essere riformata con conseguente annullamento degli atti impugnati (Cons. Stato, 31 gennaio 2025, n. 795) E’ legittimo, e non in contrasto con l’art. 106, comma 11, del D.lgs. n. 50/2016, il provvedimento con il quale la P.A., in vista dell’esperimento di un procedura di evidenza pubblica, ha disposto, per alcuni mesi, la c.d. proroga tecnica di un contratto di appalto avente ad oggetto la concessione del servizio di gestione globale di una residenza sanitaria assistenziale di proprietà comunale, agli stessi patti e condizioni, nel caso in cui la possibilità di disporre tale proroga sia espressamente prevista nel capitolato speciale e nel contratto. Infatti, il potere dell’amministrazione di disporre quella che è comunque una proroga tecnica del contratto – stante il dichiarato scopo di garantire la continuità di un servizio essenziale nelle more della conclusione della procedura di gara per scegliere il nuovo gestore – è stato specificamente previsto nell’accordo negoziale (TAR Milano, IV, 12 luglio 2022 n. 1668).
Proroga tecnica di un contratto. La proroga della durata di un contratto è ammissibile ai sensi dell’art. 106, comma 1, del D. Lgs. n. 50/206 se sussistono due condizioni: a) la possibilità di prorogare la durata del contratto deve essere prevista dai documenti di gara; b) la durata della proroga deve essere circoscritta al tempo strettamente necessario alla conclusione delle procedure di gara necessarie per l’individuazione di un nuovo contraente (TAR Puglia, 3 marzo 2022 n. 333). E' legittimo il provvedimento con il quale la P.A. appaltante ha disposto la proroga tecnica di un contratto di appalto di servizi (nella specie, si trattava del servizio di accoglienza straordinaria e temporanea in favore di cittadini stranieri), nel caso in cui sia motivato con riferimento alla necessità di garantire il servizio sino alla data di aggiudicazione del nuovo bando, e siano state pattuite condizioni economiche più favorevoli per la P.A. (nella specie, con il riconoscimento di un corrispettivo praticamente dimezzato rispetto a quello precedentemente riconosciuto). L’art. 106, comma 11°, del D.Lgs n. 50/2016, nel testo vigente ratione temporis, consente infatti, la proroga tecnica dei contratti in essere sul presupposto che: – il contratto da prorogare sia in corso di esecuzione, – l’opzione di proroga del rapporto in essere, sia prevista, come nel caso di specie, nel bando originario e nei documenti di gara; – la durata della proroga tecnica sia limitata al tempo necessario alla scelta del nuovo contraente; – le condizioni di proroga rimangano inalterate, oppure siano più favorevoli per l’Amministrazione (TAR Molise, 3 giugno 2023 n. 185)
Proroga. Limiti. La recente sentenza del Tar Campania n. 1312 del 2 aprile 2020 rimarca la natura del tutto eccezionale della prosecuzione dei rapporti scaduti, asserendo che, anche alla luce dell’art. 23 della legge n. 62/2005 – che stabilisce, con valenza generale e preclusiva sulle altre disposizioni dell’ordinamento, il divieto di rinnovo dei contratti scaduti – “l’Amministrazione, una volta scaduto il contratto e qualora abbia ancora necessità di avvalersi dello stesso tipo di prestazioni, debba effettuare una nuova gara pubblica”. Nel complessivo sistema delineato dal legislatore europeo, dunque, la proroga costituisce uno strumento del tutto eccezionale, utilizzabile solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali e nei soli casi in cui vi sia la necessità di assicurare lo svolgersi del servizio nelle more dell’espletamento della nuova procedura di selezione. Per questa ragione, al di fuori dei ristretti limiti individuati dalla giurisprudenza e definiti oggi normativamente dall’ art. 106, comma 11, d.lgs. n. 50/2016, l’istituto della proroga si pone in difformità con la normativa in materia di contratti pubblici e con i principi generali che governano l’evidenza pubblica, in quanto rappresenta, nella sostanza, un affidamento diretto senza gara, realizzato in violazione dei principi comunitari di libera concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza, di cui al vigente art. 30 del codice dei contratti (ANAC, Atto dirigenziale 12 aprile 2023 fasc. n. 1483/2023)
Proroga. Illegittimità. È illegittimo il provvedimento con il quale la P.A. ha disposto la proroga tecnica di un contratto (nella specie, si trattava del contratto di servizio di guardia medica pediatrica) nel caso in cui sia stato adottato prima dell’avvio, da parte dell’Amministrazione, della nuova gara per l’affidamento del medesimo servizio (TAR Milano, 17 novembre 2022, n. 2552)
Incentivi tecnici. È esclusa la possibilità di corresponsione degli incentivi tecnici ex art. 113 del D. Lgs. n. 50/2016. nel caso di proroghe tecniche o di affidamenti diretti in attesa dell'espletamento di successive procedure di affidamento che prevedano, invece, la consultazione comparativa di più operatori (Corte dei conti, Sez. controllo Sicilia, deliberazione n. 181, 2 novembre 2022)
Recesso
Recesso, inadempimento e risarcimento del danno. In tema di appalto, qualora il committente eserciti il diritto unilaterale di recesso ex art. 1671 c.c., non è preclusa la sua facoltà di invocare la restituzione degli acconti versati e il risarcimento dei danni subiti per condotte di inadempimento verificatesi in corso d’opera e addebitabili all’appaltatore e, in tale evenienza, la contestazione di difformità e vizi, in ordine alla parte di opera eseguita, non ricade nella disciplina della garanzia per i vizi, che esige necessariamente il totale compimento dell’opera”. “All’esito dell’accertamento della responsabilità professionale del direttore dei lavori per omessa vigilanza sull’attuazione dei lavori appaltati, questi risponde, in solido, con l’appaltatore dei danni subiti dal committente, ove i rispettivi inadempimenti abbiano concorso in modo efficiente a produrre il danno risentito dall’appaltante (Cass. Civ. 8 gennaio 2024, n. 421)
Risoluzione per inadempimento
Risoluzione per inadempimento. Eccezione di inadempimento. Condizioni. In tema di eccezione di inadempimento, per stabilire se essa sia stata sollevata in buona fede, il giudice di merito deve verificare se la condotta della parte inadempiente abbia influito sull'equilibrio sinallagmatico del contratto, avuto riguardo all'interesse della controparte, valutando la proporzionalità tra i rispettivi inadempimenti non in rapporto alla rappresentazione soggettiva delle parti, bensì in relazione alla situazione oggettiva. In tema di eccezione di inadempimento, nell'indagine volta ad accertare la sussistenza del requisito della buona fede, assume importanza non secondaria che la giustificazione del rifiuto ad adempiere sia stato reso noto alla controparte solo in occasione del giudizio da quest'ultima instaurato e non durante lo svolgimento dei tentativi compiuti per ottenere la spontanea esecuzione del contratto.(Cass. Civ. 28 dicembre 2023, n. 36295. Riferimenti normativi: Cod. Civ. art. 1375, Cod. Civ. art. 1460 -Massime precedenti Vedi: N. 14986 del 2021).
Risoluzione del contratto e polizza fideiussoria. In tema di appalto di opere pubbliche, in caso di risoluzione anticipata del contratto per fatto e colpa dell'appaltatore, quando i lavori, sebbene non integralmente ultimati, siano stati almeno parzialmente eseguiti e l'interesse creditorio sia stato, almeno in parte, soddisfatto, l'ente pubblico appaltante è tenuto ad emettere il certificato di collaudo sia pure parziale, ossia limitato alla parte dei lavori eseguiti, pena l'estinzione della polizza fideiussoria, dovendosi evitare che il garante resti vincolato ad libitum, in forza di un rapporto accessorio ormai privo del fondamento causale (Cass. Civ., 4 dicembre 2023, n. 33858 - Riferimenti normativi Legge 10/12/1981 num. 741 art. 5 com. 4, Legge 11/02/1994 num. 109 art. 30, DPR 21/12/1999 num. 554 art. 101 Massime precedenti Vedi: N. 11189 del 2018 Rv. 648900 - 01, N. 22950 del 2017)
Nullità del contratto
Nullità del contratto per impossibilità dell'oggetto. L'impossibilità dell'oggetto alla quale consegue, ai sensi degli artt. 1346 e 1418 c.c., la nullità del contratto, ricorre solo quando la prestazione sia insuscettibile di essere effettuata per la sussistenza di impedimenti originari di carattere materiale o giuridico che ostacolino in modo assoluto il risultato cui essa era diretta, e non anche quando insorgano ostacoli più o meno gravi nell'esecuzione della stessa. (In applicazione di detto principio, la S.C. ha cassato la pronuncia di merito che, nell'ambito di un contratto tra un Comune ed una società, avente ad oggetto il noleggio e l'installazione di strumenti di rilevazione di infrazioni al c.d.s., aveva ravvisato la nullità del contratto per impossibilità giuridica e per violazione di norme imperative nella previsione, quale corrispettivo del servizio, della corresponsione da parte del Comune di una quota delle somme incamerate a seguito della rilevazione delle infrazioni, ritenendo che tale previsione indicasse quale corrispettivo un bene della vita al quale veniva impressa una destinazione non consentita) (Cass. Civile, 27 dicembre 2022, n. 37804)
Nullità per contrarietà a norme imperative. Nel giudizio civile diretto alla dichiarazione di nullità di un contratto per contrarietà a norma imperativa (nella specie contratto di appalto conseguenza del reato di turbativa d'asta), la sentenza penale di patteggiamento, riconoscendo il reato di turbativa d'asta, può costituire idoneo elemento di valutazione in ordine alla commissione del reato ed alla conseguente nullità, unitamente alle risultanze complessive degli accertamenti condotti dal giudice civile (Cassazione civ., 7 marzo 2022, n. 7363)
Responsabilità precontrattuale
Responsabilità precontrattuale della PA e risarcimento del danno. In tema di appalti pubblici, il risarcimento del danno subito dall'aggiudicatario in conseguenza dell'accertata responsabilità precontrattuale della pubblica amministrazione appaltante, derivante dalla violazione degli obblighi su di essa ricadenti ai sensi dell'art. 1338 c.c., è dovuto nei limiti dell'interesse negativo e, pertanto, subordinatamente alla prova da parte del danneggiato di un danno emergente o di un lucro cessante. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza impugnata che aveva escluso che potessero essere risarcite le spese generali di cantiere, non potendo presumersi il loro sostenimento sulla base della mera redazione del verbale di consegna anticipata dei lavori, occorrendo invece la prova che il cantiere fosse stato effettivamente aperto e i lavori concretamente avviati.) (Cass. Civ., 5 novembre 2024, n. 28404)
Direttore lavori
Direttore lavori e obbligo di vigilanza. In tema di appalto, il direttore dei lavori ha la funzione di tutelare la posizione del committente nei confronti dell'appaltatore, vigilando che l'esecuzione dei lavori abbia luogo in conformità con quanto stabilito dal capitolato di appalto, senza che da ciò derivi a suo carico una responsabilità per la cattiva esecuzione dei lavori, che resta imputabile alla libera iniziativa dell'appaltatore, ovvero per l'omessa costante vigilanza in relazione a profili marginali dell'esecuzione dell'opera (Cassazione civ., 13 dicembre 2021, n. 39448)
Revisione prezzi
Revisione prezzi. La necessaria previsione nei contratti relativi ad appalti di servizi o di forniture, ai sensi del comma 4 dell'art. 6 della l. n. 537 del 1993 vigente "ratione temporis", di una clausola di revisione periodica del prezzo pattuito, è norma imperativa non suscettibile di deroga pattizia. Tuttavia essa non comporta il diritto all'automatico aggiornamento del corrispettivo contrattuale, ma prevede che l'Amministrazione, a ciò sollecitata dalle richieste dell'appaltatrice, proceda agli adempimenti istruttori condotti dai competenti organi tecnici, al fine di valutare la fondatezza della richiesta, poiché la revisione del prezzo dei canoni relativi all'appalto è imprescindibilmente collegata all'istruttoria condotta dai competenti organi tecnici (Cassazione civ., 27 dicembre 2021, n. 41518)
Sulle compensazioni per le variazioni dei prezzi (art. 113 d.lgs. 163/06). Il Consiglio di Stato ha ritenuto infondata la tesi secondo cui la compensazione si dovrebbe calcolare in base ad una astratta comparazione dei prezzi, e non in base agli effettivi maggiori costi sopportati dall'appaltatore. Al contrario è stato affermato che “la norma, come risulta a semplice lettura, è intesa non a riconoscere una sorta di finanziamento a fondo perduto, come sarebbe se la compensazione venisse riconosciuta a prescindere da un pregiudizio concreto subito dall'appaltatore, ma a ristorare quest'ultimo da perdite effettivamente subite. Lo si desume anzitutto dal riferimento nel testo dell'art. 133 a "lavorazioni contabilizzate" in un anno solare ben determinato e a "quantità accertate" relative alle lavorazioni stesse, il che rimanda ad una valutazione concreta, e non a criteri astratti. A conferma di questa tesi, la circolare applicativa della norma (circolare del Ministero delle infrastrutture 4 agosto 2005 n. 871), richiede all'art. 2, comma 2, che il direttore dei lavori provveda ad accertare "le quantità del singolo materiale da costruzione cui applicare la variazione di prezzo unitario" sulla base della contabilità di cantiere, e quindi con un apprezzamento relativo alla situazione di fatto così come essa si presenta. Parimenti infondata è stata ritenuta le tesi secondo cui sarebbe spettato al responsabile del procedimento rimediare ad eventuali carenze della domanda e attivarsi per richiedere all'impresa la documentazione necessaria. È infatti solo l'impresa interessata ad ottenere la compensazione a poter sapere quale sia la documentazione idonea a sostenere la relativa richiesta. Non è stato quindi compreso quale contenuto effettivo avrebbe potuto avere il preteso onere di acquisirla da parte del responsabile di procedimento (Cons. Stato, 9 gennaio 2023, 278)
Revisione prezzi. Decreto-legge, 25 maggio 2021, n. 73, art. 1 septies. Obbligo di provvedere. A fronte di una domanda di compensazione presentata entro il termine di decadenza stabilito dall’art. 1-septies, comma 4° D.L. n. 73/2021 (“Per le variazioni in aumento, a pena di decadenza, l’appaltatore presenta alla stazione appaltante l’istanza di compensazione entro quindici giorni dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dei decreti di cui al comma 1”), la stazione appaltante deve avviare ed espletare l’istruttoria e dare riscontro con l’adozione di un provvedimento espresso e motivato, ai sensi degli artt. 2 e 3 della L. n. 241/1990 (TAR Sicilia, Catania, 6 marzo 2023, n. 728).
Revisione prezzi solo in caso di proroga. Dal punto di vista sistematico, la distinzione tra opzione di proroga e proroga tecnica, già prevista dall’art. 106, comma 11, d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50, è stata ulteriormente precisata dal nuovo codice dei contratti pubblici, che ha distinto le due fattispecie collocandole, rispettivamente, nel comma 10 (opzione di proroga) e nel comma 11 (proroga tecnica) dell’art. 120, d.lgs. 31 marzo 2023, n. 36, stabilendo che il contraente originario, in entrambi i casi, è tenuto ad eseguire le prestazioni contrattuali “ai prezzi, patti e condizioni stabiliti nel contratto”, mentre solo nel caso di opzione di proroga troveranno applicazione le “condizioni di mercato ove più favorevoli per la stazione appaltante”, sempre che ciò sia previsto nei documenti di gara. […] Un’altra distinzione che assume rilievo nel caso di specie ai fini dell’applicabilità della clausola di revisione dei prezzi è quella tra proroga e rinnovo contrattuale. In particolare, è stato precisato che “Il rinnovo contrattuale si contraddistingue, sul piano sostanziale, per la rinegoziazione del complesso delle condizioni del contratto originario, per cui deve risultare che le parti, attraverso specifiche manifestazioni di volontà, abbiano dato corso a distinti, nuovi ed autonomi rapporti giuridici, ancorché di contenuto analogo a quello originario; in assenza di tale negoziazione novativa, è qualificabile come proroga contrattuale l’accordo con cui le parti si limitano a pattuire il differimento del termine finale del rapporto, che per il resto continua ad essere regolato dall’atto originario; ed anche la circostanza che in tale accordo sia riportato il prezzo del contratto originario, che quindi rimane immutato, non costituisce affatto espressione di rinnovata volontà negoziale, ma circostanza idonea ad avvalorare ulteriormente l’intervenuta mera proroga del previgente contratto” (Cons. Stato, sez. III, 24 marzo 2022, n. 2157; Cons. Stato, sez. V, 16 febbraio 2023, n. 1635). Inoltre, deve ritenersi consolidato l’orientamento della giurisprudenza di questo Consiglio di Stato che ritiene applicabile la revisione dei prezzi alle proroghe negoziali, ma non anche ai rinnovi contrattuali: “In materia di appalti pubblici, presupposto per l’applicazione della norma di cui all’art. 115, d.lgs. n. 163 del 2006 – secondo cui tutti i contratti ad esecuzione periodica o continuativa relativi a servizi o forniture debbono recare una clausola di revisione periodica del prezzo – è che vi sia stata mera proroga e non un rinnovo del rapporto contrattuale» (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 17 luglio 2019, n. 5021; Cons. Stato, sez. III, 27 agosto 2018, n. 5059; Cons. Stato, sez. VI, 17 marzo 2016, n. 1091) (Cons. Stato, 15 aprile 2024, n. 3403)
Revisioni prezzi negli appalti di servizi indetti prima del DL 4/22. Negli appalti di servizi indetti prima del d.l. 4/2022 non è consentita la revisione dei prezzi contrattuali se il disciplinare di gara non ha previsto clausole di revisione. Per i servizi, infatti, non trovano applicazione le disposizioni emergenziali che il Codice degli Contratti Pubblici ha riferito esclusivamente agli appalti di lavori. Lo ha ribadito Anac con parere di funzione consultiva n. 14 del 20 marzo 2024.
Riserve
Riserve. Onere di iscrizione. In tema di appalto di opere pubbliche, ai fini della tempestività dell'iscrizione di riserva avente a oggetto la contestazione dell'ordine di sospensione dei lavori e della richiesta di risarcimento dei conseguenti danni, si deve distinguere l'ipotesi in cui l'illegittimità della sospensione sia originaria, nel qual caso l'appaltatore deve inserire la riserva nello stesso verbale di sospensione, da quella in cui l'illegittimità emerga in un momento successivo, sia perché originariamente legittima, diventi solo successivamente illegittima, sia perché l'idoneità della stessa a produrre pregiudizio emerga in epoca successiva alla sua adozione, nel qual caso l'appaltatore può apporre la riserva anche nel verbale di ripresa dei lavori. (Cassazione civ., 4 gennaio 2022, n. 113)
Collaudo
Collaudo e ritardi. In tema di appalto pubblico, il collaudo non costituisce il termine finale per contestare all'appaltatore i ritardi nell'adempimento, poiché tali ritardi esulano dalle questioni tecnico-contabili, che ne sono l'ambito tradizionale, ma attengono all'esatto adempimento, disciplinato delle norme generali, né il buon esito del collaudo può ingenerare alcun affidamento in capo all'appaltatore, non trattandosi di un atto proveniente dalla P.A., ma da un organo indipendente, quale è il collaudatore, mentre solo l'approvazione del committente determina il consolidamento delle obbligazioni a carico di quest'ultimo. (Cassazione civ., 25 gennaio 2022, n. 2075)
Interessi per ritardata esecuzione del collaudo da parte della PA. In tema di appalto di opere pubbliche, l'inutile scadenza del termine per l'esecuzione del collaudo, conseguente all'inadempimento dell'ente committente, fa sorgere il diritto dell'appaltatore al pagamento del saldo, maggiorato degli interessi previsti dall'art. 30, comma 3, del d.m. n. 145 del 2000, stante il ritardo nell'estinzione dell'obbligazione; gli consente di agire per l'adempimento, senza necessità di mettere in mora l'amministrazione, e segna il momento in cui inizia a decorrere la prescrizione del credito (Cass. Civ. 13 novembre 2024, 29262)
Custodia
Responsabilità da custodia Nel caso di appalto che non implichi il totale trasferimento all'appaltatore del potere di fatto sull'immobile nel quale deve essere eseguito il lavoro appaltato (come nei casi di appalto di servizio di manutenzione), non viene meno per il committente detentore dell'immobile stesso che continui ad esercitare siffatto potere, il dovere di custodia e di vigilanza (Cassazione civ., 23 dicembre 2021, n. 41435)
Ritenzione
Il diritto di ritenzione di cui all'art. 1152 c.c., è un mezzo di autotutela di natura eccezionale, ed in quanto tale non è applicabile in via analogica a casi che non siano contemplati dalla legge e non può essere esercitato dall'appaltatore rispetto alle opere da lui costruite sul suolo del committente (Cassazione civ., 19 aprile 2022, n. 12483)
Quando il vincolo contrattuale tra committente ed appaltatore è venuto meno per effetto della rescissione ad opera del committente (nella specie, ex art. 340 l. n. 2248 del 1865, applicabile "ratione temporis", ad opera dell'ente pubblico) al diritto di credito dell'appaltatore non corrisponde un diritto di ritenzione del cantiere, essendo l'obbligo della riconsegna dello stesso configurabile non come una prestazione in relazione sinallagmatica con l'obbligo del committente al pagamento del corrispettivo, ma solo come un effetto del venir meno del rapporto contrattuale tra le parti. (Cassazione civ., 19 aprile 2022, n. 12483)
Sicurezza
Sicurezza sul lavoro. Il direttore dei lavori non può ritenersi responsabile di tutti accadimenti che occorrono in cantiere, soprattutto quando gli stessi si riferiscono ad una area di rischio presidiata, in prima battuta, da distinte professionalità, laddove i lavori lungo l'argine erano funzionali a creare dei percorsi per i mezzi utilizzati per la pulizia e la risagomazione dell'argine del torrente (vedi sez.4, n.29792 del 17.6.2015, Pracanica. Inoltre la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto sia della sussistenza della violazione - da parte del garante - di una regola cautelare (generica o specifica), sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso che la regola cautelare violata mirava a prevenire (cosiddetta concretizzazione del rischio), sia della sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso (n.32216 del 20 Giugno 2018, Capobianco e altro; sez.4, n.21554 del 5 Maggio 2021, Zoccarato Giovanni) (Cassazione pen., 7 febbraio 2022, n. 4148)
Difformità dell'opera
Appalto. Vizi dell'opera. In tema di appalto, per la piena e completa conoscenza dei vizi e delle loro cause non è necessario che, ai fini della denuncia, sia previamente espletato un accertamento peritale, qualora i vizi medesimi, anche in assenza o prima di esso, presentino caratteri tali da poter essere individuati nella loro esistenza ed eziologia. La valutazione della sussistenza di tali profili compete al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, ove adeguatamente motivata (Cass. Civ. 16 giugno 2022, n. 19343).
Difformità o vizi. Ripristino o riduzione del prezzo. In materia di appalto, atteso che il committente può chiedere in via alternativa, ex art. 1668 c.c., l'eliminazione delle difformità o dei vizi dell'opera a spese dell'appaltatore o la riduzione del prezzo, la quale postula la verifica che l'opera eseguita abbia un valore inferiore a quello che avrebbe avuto se realizzata a regola d'arte, la domanda di riduzione del prezzo deve ritenersi ricompresa nella domanda di reintegra in forma specifica, sicchè il rigetto della seconda comporta l'inequivoco rigetto anche della prima, ancorchè dichiaratamente proposta in via subordinata; ne consegue che non sussiste il vizio di omessa pronuncia qualora il giudice, rigettata la domanda di eliminazione delle difformità o dei vizi, per intervenuta prescrizione, abbia evitato di pronunciarsi sulla domanda di riduzione del prezzo (Cassazione civ., 15 marzo 2022, n. 843)
In tema di appalto, per la piena e completa conoscenza dei vizi e delle loro cause non è necessario che, ai fini della denuncia, sia previamente espletato un accertamento peritale, qualora i vizi medesimi, anche in assenza o prima di esso, presentino caratteri tali da poter essere individuati nella loro esistenza ed eziologia. La valutazione della sussistenza di tali profili compete al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, ove adeguatamente motivata (Cass. Civ. 16 giugno 2022, n. 19343)
Garanzie
Appalto. Danni a terzi. La clausola di un contratto di appalto, nella quale si preveda che tutti i danni che i terzi dovessero subire dall'esecuzione delle opere siano a totale ed esclusivo carico dell'appaltatore, rimanendone indenne il committente, non può essere da quest'ultimo invocata quale ragione di esenzione dalla propria responsabilità risarcitoria nei confronti del terzo danneggiato per effetto di quei lavori, atteso che tale clausola, operando esclusivamente nei rapporti fra i contraenti, alla stregua dei principi generali sull'efficacia del contratto fissati dall'art 1372 c.c., non può vincolare il terzo a dirigere verso l'una, anziché verso l'altra parte, la pretesa nascente dal fatto illecito occasionato dall'esecuzione del contratto (Cass. Civile, II, 30 giugno 2022, 20840)
Garanzia per difformità dell’opera. Il committente che, ai sensi dell'art. 1667 c.c., agisca nei confronti dell'appaltatore per le difformità ed i vizi dell'opera, ha l'onere di provare i fatti posti a fondamento della sua domanda e quelli necessari per contrastare le eventuali eccezioni della controparte. Ne consegue che, qualora l'appaltatore eccepisca, ex art. 1667, comma 3, c.c., la prescrizione biennale del diritto di garanzia, termine il cui rispetto costituisce una condizione dell'azione e che decorre dalla data di consegna dell'opera - la quale consiste in un mero atto materiale e differisce dall'accettazione di essa, quale atto giuridico che contiene una valutazione dell'opera stessa e produce effetti diversi, fra cui quello previsto dal comma 1 del medesimo art. 1667 c.c. - la prova di quest'ultima incombe sul committente (Cassazione civ., 13 dicembre 2021, n. 39599)
Garanzia a prima richiesta a favore dell’amministrazione. Escussione. Non è necessario ultimare il collaudo. In relazione alla disciplina applicabile "ratione temporis" ad un contratto di appalto di opera pubblica stipulato nel 1998, l'esercizio del diritto dell'amministrazione appaltante di escussione della relativa garanzia a prima richiesta per l'inadempimento dell'appaltatore non si può intendere subordinato, per la stessa natura della garanzia a prima richiesta come ricollegata ad esso, all'esaurimento del procedimento di accertamento della rispondenza dell'opera al contratto e alle regole dell'arte mediante l'approvazione da parte della medesima amministrazione del collaudo finale (Cass. Civ., 23 dicembre 2022, n. 37721)
Clausola compromissoria
Clausola compromissoria. Arbitrato irrituale. Nullità. L’art. 13 dell’atto di transazione, concluso tra le parti il 16 maggio 2011 contiene la seguente clausola: «Le eventuali controversie che dovessero insorgere in ordine all’esecuzione e all’interpretazione del presente atto dovranno essere oggetto di preventiva amichevole composizione. Qualora tale amichevole composizione non venga raggiunta entro 90 (novanta) giorni dal momento in cui una delle parti abbia comunicata all’altra di volersi avvalere del disposto di cui al primo comma del presente articolo, sarà competente per ogni controversia nascente ovvero comunque scaturente e/o connessa dalla convenzione il Foro di Foggia in modo esclusivo senza possibilità di deroga in favore dei concorrenti ex lege». […] la clausola compromissoria, contenuta nell’art. 13 della transazione, deve ritenersi avere sostituito e privato di effetti quella contenuta nell’art. 14 della convenzione. Quanto al criterio discretivo tra le figure, è noto che, nell’arbitrato rituale, le parti vogliono la pronuncia di un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all’art. 825 c.p.c., con le regole del procedimento arbitrale, mentre nell’arbitrato irrituale intendono affidare all’arbitro la soluzione di controversie solo attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla loro stessa volontà (fra le altre, Cass. 13 marzo 2019, n. 7198; Cass. 18 novembre 2015, n. 23629; Cass. 31 ottobre 2013, n. 24552). Nella specie, l’art. 13 della transazione contiene un patto di arbitrato irrituale, dovendo valorizzarsi al riguardo la assoluta stringatezza della clausola, in una col riferimento alla «preventiva amichevole composizione» e l’assenza di ogni indicazione sulla terzietà, che deve contraddistinguere la figura dell’arbitro rituale, nonché la previsione del ricorso al giudice terzo, come nella specie, avente la competenza territoriale prescelta dalle parti. È noto altresì il principio, per il quale occorre interpretare la clausola compromissoria con riferimento al dato letterale, alla comune intenzione delle parti ed al comportamento complessivo delle stesse, anche successivo alla conclusione del contratto (Cass. 10 maggio 2018, n. 11313; Cass. 21 novembre 2013, n. 26135): gli elementi valorizzati dal T.a.r. remittente vanno, appunto, in tale direzione, avendo il giudice amministrativo evidenziato che lo stesso comportamento concludente delle parti, le quali tale forma di procedura non hanno neanche attivato rivolgendosi al giudice amministrativo, palesa come esse abbiano ritenuto non rilevante la clausola al fine della devoluzione legittima della lite in arbitri. Le Sezioni unite da tempo hanno rilevato che all’amministrazione è preclusa la possibilità di avvalersi, nella risoluzione delle controversie derivanti da contratti conclusi con privati, dello strumento dell’arbitrato irrituale, perché in tal modo il componimento della vertenza verrebbe ad essere affidato a soggetti individuati, nell’ambito di una pur legittima logica negoziale, in difetto di qualsiasi procedimento legalmente determinato e, perciò, senza adeguate garanzie di trasparenza e pubblicità della scelta (Cass., sez. un., 16 aprile 2009, n. 8987; quindi, fra le altre, Cass. 8 aprile 2020, n. 7759; Cass. 8 novembre 2018, n. 28533; Cass. 7 maggio 2013, n. 10599). La visuale restrittiva è stata anche di ricedente ribadita, quando si è affermato che pure la devoluzione in arbitrato rituale in tema di convenzione urbanistica, quale accordo sostitutivo ex art. 11 l. n. 241 del 1990, non è ammessa, con riguardo alla controversia derivante dalla mancata adozione di provvedimenti da parte della p.a., in quanto afferente ad interessi legittimi (Cass., sez. un., 11 maggio 2021, n. 12428). Nella specie, pertanto, si tratta di clausola nulla, inidonea a sottrarre al giudice ordinario la cognizione della controversia (Corte di Cassazione, Sez. Unite, 16 febbraio 2024, n. 4